La ricerca “Quantum teleportation coexisting with classical communications in optical fiber” di Jordan M. Thomas, Fei I. Yeh e Jim Hao Chen, svolta con il coinvolgimento di vari centri di ricerca, tra cui Northwestern University, ha esplorato il funzionamento del teletrasporto quantistico su 30,2 km di fibra ottica popolata da un segnale ottico convenzionale a 400 Gbps. L’obiettivo era valutare se uno stato quantistico potesse essere trasferito a distanza senza compromettere la rete classica. Il test conferma che, anche con potenze elevate in banda C, la fedeltà rimane affidabile, aprendo prospettive di integrazione delle funzioni quantistiche su infrastrutture già operative.
Sinergia tra teletrasporto quantistico e comunicazioni ottiche ad alta velocità
Il teletrasporto quantistico e le comunicazioni ottiche ad alta velocità rappresentano un tema cruciale per lo sviluppo delle reti del futuro. Nell’esperimento qui descritto, i ricercatori hanno trasferito lo stato di un fotone da un nodo ad altro, sfruttando l’entanglement generato presso un secondo nodo. Questo processo avviene mentre nella stessa fibra coesiste un canale ottico capace di trasmettere 400 Gbps in banda C. Con la misura di Bell, il fotone iniziale viene distrutto assieme a uno dei due fotoni entangled, proiettando il fotone rimanente nello stato desiderato. I test confermano che il teletrasporto quantistico e le comunicazioni ottiche possono coesistere senza compromissioni significative, garantendo alta fedeltà.
La combinazione di segnali quantistici e luce ad alta potenza incontra di solito limiti dovuti a rumore generato da scattering inelastico, come lo SpRS (Spontaneous Raman Scattering). Se i fotoni quantistici hanno intensità molto bassa, diventa cruciale posizionarli a lunghezze d’onda che massimizzino la probabilità di distinguere i segnali veri dal rumore. In questa ricerca, i fotoni vengono collocati in banda O a 1290 nm, una scelta volta a ridurre il fenomeno Raman, più evidente quando segnali e fotoni quantistici risultano troppo vicini in frequenza. A supporto di questa strategia, i ricercatori hanno inserito filtri spettrali molto selettivi in corrispondenza dei rivelatori. È emerso che, anche con picchi di potenza ben superiori a quelli minimi necessari per trasportare 400 Gbps (circa 0,5 mW), il livello di rumore rimane gestibile attraverso finestre di coincidenza temporale e filtraggi ottici, consentendo di scartare quasi tutti i conteggi spurii non correlati al segnale quantistico.
Nei fatti, i fotoni quantistici di 1290 nm viaggiano in direzione opposta a quella della luce classica in fibra, oppure co-propagano a seconda del tratto, restando tuttavia associati a un canale in cui la potenza classica non altera in modo significativo l’entanglement. La coerenza dei fotoni risulta essenziale per la cosiddetta Hong-Ou-Mandel interference, un effetto che rivela la natura quantistica della luce misurando quanto due fotoni si sovrappongano in maniera indistinguibile su un beam splitter. Si è osservato che la visibilità dell’interferenza resta oltre l’80%, ben sopra la soglia del 50% tipica del regime classico. A livello sperimentale, il concetto di teletrasporto si conferma quando il fotone bersaglio, collocato in un laboratorio distante, assume lo stato preparato da un altro laboratorio, senza la necessità di trasmettere direttamente il fotone originale.
Un risultato di particolare rilievo è che la potenza classica può superare di centinaia di volte il minimo richiesto dal sistema convenzionale senza innescare un collasso della fedeltà del teletrasporto. Per le imprese, ciò apre la prospettiva di utilizzare segmenti di rete ottica già esistenti per implementare, in parallelo ai tradizionali flussi di dati, una funzione di trasporto quantistico. Questo approccio consente una significativa riduzione dei costi infrastrutturali, evitando la necessità di installare cavi dedicati o compromettere le prestazioni della rete. I test condotti su 30,2 km di fibra, operante fino a una potenza di 74 mW, dimostrano che la trasmissione dati convenzionale può essere scalata a capacità di diversi terabit al secondo, preservando la possibilità di trasferire uno stato quantistico senza degradazione.
Esperimento sul teletrasporto quantistico e riduzione del rumore Raman
I ricercatori hanno sfruttato due sorgenti di fotoni configurate tramite conversione parametrica spontanea in guide d’onda di niobato di litio: una per produrre fotoni singoli in modalità heralded (ossia con un rivelatore che segnala l’emissione effettiva di un fotone nell’altra linea), l’altra per creare coppie di fotoni entangled in polarizzazione. I primi test hanno riguardato la stabilità di queste sorgenti e la loro efficienza nel contrastare il rumore generato da un transceiver a 400 Gbps operativo a 1547,32 nm. Tale dispositivo, fornito da Ciena Corporation, lavora con potenze che vanno da valori minimi, appena sufficienti a stabilire la connessione, fino a 74 mW lanciati nel tratto di 30,2 km di fibra. Questi 30,2 km si trovano avvolti su bobina all’interno di un laboratorio presso la Northwestern University, connessa poi da altri 48 km di fibra dispiegata che portano il segnale classico fino al campus di Chicago, per un totale di 78,2 km.
Uno degli elementi cruciali che ha consentito di contenere il rumore è la scelta di generare i fotoni quantistici nella banda O, a circa 1290 nm. Questa tecnica riduce la probabilità che i segnali in banda C, potendo raggiungere decine di mW in fibra, producano fotoni di rumore nell’intervallo di lunghezze d’onda dei canali quantistici. Per ottimizzare ulteriormente la pulizia del segnale, i ricercatori hanno impiegato filtri a reticolo di Bragg (FBG) dalla larghezza di appena 60 pm. Tali filtri restringono lo spettro dei fotoni e ne aumentano la coerenza, condizione essenziale per far sì che l’interferenza tra due fotoni provenienti da sorgenti diverse risulti verificabile in modo non ambiguo. In aggiunta, l’uso di rivelatori a nanofilo superconduttore (SNSPD) con efficienza oltre il 90% e bassissimo tasso di conteggi scuri agevola l’osservazione di eventi correlati.
Il teletrasporto è poi reso possibile dall’entanglement su uno dei canali di Bob. Nel momento in cui un fotone di Alice (la qubit da teletrasportare) e un fotone di Bob (membro di una coppia entangled) subiscono la misura di Bell (BSM) in una stazione intermedia, il fotone rimanente di Bob si ritrova proiettato nello stesso stato iniziale preparato da Alice. L’uscita dal processo BSM dà luogo a una proiezione che richiede la completa indistinguibilità spettrale e temporale dei due fotoni incidenti sul beam splitter: da qui l’importanza di una stretta sincronizzazione e dell’identico profilo di emissione. Quest’ultimo aspetto dipende dal pompaggio delle guide d’onda in niobato di litio, controllato con modulazione ad ampiezza temporale nell’ordine di 65 ps.
Le misure di Bell si avvalgono, fra l’altro, di un’ottica di polarizzazione che separa i fotoni in stati ortogonali orizzontale/verticale, per poi contare le coincidenze nel dominio temporale. Tale procedura è sensibile alla presenza di fotoni di rumore, ragion per cui, nell’architettura sperimentale, un multiplexer a banda O/C scarta quasi completamente la luce in banda C, isolando i 1290 nm dalla larga potenza del segnale classico. Ogni volta che si misurano coincidenze di fotoni in arrivo sui rivelatori della misura di Bell, si registra un evento utile a ricostruire lo stato finale misurato presso Bob. Questa ricostruzione, eseguita via tomografia, mostra la fedeltà con cui lo stato inviato da Alice è arrivato integro a destinazione, a prescindere dal traffico di rete presente nella fibra.
Efficacia del teletrasporto quantistico: fedeltà e interferenze gestite
Per valutare la qualità della distribuzione di entanglement e la possibilità di gestire l’interferenza tra i fotoni di Alice e Bob, si sono considerate misure di visibilità in diversi scenari di potenza. Senza segnale classico in fibra, l’esperimento aveva già raggiunto visibilità di Hong-Ou-Mandel intorno all’82,9%. Inserendo livelli di potenza a 74 mW in banda C, si osserva un valore di circa 80,3%, giudicato ampiamente al di sopra del limite che contraddistingue l’interferenza puramente classica. Il processo di coesistenza ha dunque un impatto contenuto e non compromette l’abilità di condurre l’operazione quantistica.
I ricercatori hanno poi testato l’efficacia del vero teletrasporto. In particolare, quando la qubit è polarizzata in orizzontale o verticale, la fedeltà si avvicina a valori prossimi al 95–97%, segno che gli stati si trasferiscono con un’ottima corrispondenza rispetto a quelli iniziali. Per stati di tipo diagonale o antidiagonale, le fedeltà risultano un po’ più basse, pur rimanendo prossime all’85–87%. Sul complesso della sfera di Bloch, si ottiene un valore medio di fedeltà pari all’incirca al 90%, un risultato ben superiore alla soglia di 2/3 rappresentativa di processi puramente classici o correlazioni classiche.
Tutti questi indicatori mostrano come l’interferenza quantistica — elemento essenziale per misure di Bell e teletrasporto — venga preservata nonostante la presenza di segnali potenti in banda C. Anche la qualità dell’entanglement nella tratta che collega Bob alla stazione di misura rimane consistente, con visibilità misurate nel range di oltre il 95%, a conferma dell’assenza di degradi irrecuperabili dovuti al rumore. La configurazione che moltiplica le potenze classiche ben oltre il livello minimo necessario suggerisce la possibilità di ospitare più canali convenzionali in parallelo, a potenziali velocità aggregate di diversi terabit/s, senza annientare la componente quantistica.
Sul piano gestionale e imprenditoriale, questi numeri raccontano un’opportunità concreta: allestire una rete ibrida, in cui a fianco dei tradizionali servizi telecom in banda C si innestano protocolli di teletrasporto e condivisione di stati entangled. Ciò potrebbe rivolgersi a settori interessati alla sicurezza quantistica, alla criptografia basata su chiavi distribuite con metodi quantistici o a future forme di calcolo distribuito. Il fatto di non dover cedere risorse in termini di banda classica riduce un potenziale conflitto tra le due forme di segnale e, d’altro canto, invoglia a considerare la coabitazione di hardware convenzionale e strumentazione quantistica all’interno dello stesso cavo in fibra.
Teletrasporto quantistico: integrazioni con memorie e nuove prospettive
Un tema su cui gli studiosi si sono soffermati è la prospettiva di integrare memorie quantistiche nei nodi di rete, per mantenere il fotone bersaglio in attesa di conoscere il risultato della misura di Bell. Questa funzione può risultare essenziale in protocolli che richiedono la disponibilità fisica dello stato teletrasportato prima di poterlo elaborare o misurare. Se la potenza classica può arrivare a centinaia di mW nei grandi dorsali ottici, risulta fondamentale che le memorie tollerino eventuali lievi ritardi e processi di perdita sul canale. I risultati ottenuti con rivelatori a nanofilo superconduttore suggeriscono che una certa quantità di attenuazione aggiuntiva, se associata solo a perdite e non a ulteriore rumore, potrebbe non intaccare in modo drammatico la fedeltà, purché i rivelatori mantengano un basso tasso di conteggi spuri.
D’altro canto, se la memoria introduce anche un rumore intrinseco significativo, i margini di tolleranza si riducono, poiché la finestra di coincidenza può accumulare conteggi spurii ben più critici di un semplice calo di intensità. In questi casi, l’integrazione di teletrasporto e memorie può richiedere una progettazione ancora più selettiva del canale O-band, con filtri e amplificatori disposti in modo strategico lungo la tratta. Esiste anche l’ipotesi che, su distanze maggiori, la minor attenuazione in banda C possa apparire vantaggiosa, ma al prezzo di un aumento di fondo del rumore Raman, per cui andrebbe rivalutato il bilanciamento tra perdita di segnale e rumore. Alcune linee di ricerca future si propongono proprio di verificare se i parametri ottimali cambino quando i fotoni quantistici vengono inviati a centinaia di chilometri, magari con potenze classiche di centinaia di mW e strategie di amplificazione intermedie.
Un’ulteriore direttrice di sviluppo riguarda la possibilità di eseguire entanglement swapping, un meccanismo che permette di creare entanglement tra fotoni originariamente prodotti in sorgenti diverse. Poiché il teletrasporto si basa sugli stessi principi, riuscire a concatenare più nodi in cui avvengono misure di Bell equivarrebbe a intrecciare risorse quantistiche su scala più ampia. Questa evoluzione ha implicazioni per le reti ottiche future, in cui i quantum repeater sarebbero indispensabili per superare la caduta di segnale e diffondere la disponibilità di stati entangled. Se i test di questa ricerca confermano la compatibilità del teletrasporto con un segnale classico robusto, lo stesso schema, opportunamente modificato, potrebbe trasferire anche protocolli di entanglement swapping in un’infrastruttura condivisa.
Prospettive industriali per reti ibride con teletrasporto quantistico
Dimostrare che il teletrasporto funziona mentre un canale a 400 Gbps viaggia nella stessa fibra suggerisce scenari di grande interesse anche in un’ottica aziendale. Le dorsali delle telecomunicazioni tendono a funzionare con più canali in banda C, spesso potenziati da amplificatori e dispositivi di multiplexing: un’evoluzione di questa dimostrazione porterebbe a reti metropolitane o regionali in cui le frequenze O-band siano riservate ai segnali quantistici, consentendo alle aziende di erogare, sullo stesso supporto fisico, sia servizi tradizionali ad alta capacità sia nuovi servizi di scambio entangled e teletrasporto.
L’adozione di una rete ibrida comporta alcuni costi iniziali legati alla strumentazione necessaria per la generazione e la rilevazione di fotoni singoli, oltre che per la gestione delle memorie quantistiche o la conversione di frequenza, se necessaria. Tuttavia, la convenienza di sfruttare le stesse infrastrutture in banda C prevale su un sistema interamente dedicato, poiché evita di posare cavi supplementari e di organizzare percorsi esclusivamente quantistici. Le prove di robustezza rispetto al rumore testimoniano che, con un’accurata selezione delle lunghezze d’onda, i processi quantistici resistono ai disturbi che accompagnano flussi convenzionali di potenza anche elevata. In un contesto di crescente domanda di servizi cloud e connettività ad altissima velocità, la possibilità di aggiungere funzioni quantistiche alla dorsale esistente potrebbe condurre a nuovi modelli di business basati su soluzioni crittografiche o su calcolo remoto sicuro.
Sul piano più specialistico, la disponibilità di teletrasporto si ricollega all’idea di “quantum computing distribuito”: se più nodi di calcolo quantistico venissero messi in grado di scambiarsi stati entangled, si potrebbero sviluppare protocolli in cui l’esecuzione di algoritmi avviene in modo coordinato su risorse geograficamente distanti. La coesistenza sperimentata qui non risolve ogni sfida tecnica, ma dimostra che i protocolli quantistici più avanzati non soccombono sotto la pressione di segnali ottici convenzionali di grande potenza, purché vi sia un minimo di progettazione a monte delle bande di trasmissione. Nel futuro, questa potrebbe trasformarsi in un vantaggio competitivo per i soggetti capaci di integrare servizi classici e quantistici in un’unica dorsale.
Conclusioni
La capacità di far convivere segnali quantistici e traffico ottico convenzionale apre prospettive rilevanti per la diffusione di tecnologie basate sul calcolo quantistico in svariati contesti applicativi. Una rete ottica che supporti simultaneamente dati classici ad alta velocità e operazioni di teletrasporto può infatti offrire soluzioni ibride nelle quali risorse computazionali distribuite — come processori quantistici e memorie specifiche — comunicano su tratte già esistenti, riducendo la necessità di costose infrastrutture dedicate. Per il settore dei data center, l’accesso a funzionalità quantistiche integrate potrebbe favorire l’elaborazione di task complessi con tempi di risposta inferiori, innescando un ecosistema in cui i nodi classici e quantistici collaborano a stretto contatto, ciascuno sfruttando la forma di calcolo più adatta al tipo di problema.
Nell’ambito della cybersecurity, la coesistenza di trasmissioni quantistiche e tradizionali in un’unica rete rende attuabili forme avanzate di crittografia, potenzialmente integrate con algoritmi di consenso quantistico, applicabili anche a blockchain consortili in cui occorre garantire autenticità e riservatezza a un ampio numero di partecipanti. Con il teletrasporto a disposizione, sarebbe teoricamente possibile orchestrare strategie di verifica e scambio di chiavi fra più nodi senza compromettere le normali comunicazioni di dati. Un simile approccio potrebbe spianare la strada a soluzioni in cui la robustezza della rete classica si combina con le garanzie di sicurezza proprie dei protocolli quantistici, scongiurando una ristrutturazione radicale delle infrastrutture.
Per quanto riguarda il calcolo super accelerato, la capacità di distribuire stati quantistici in modo efficace su infrastrutture a lunga distanza consente di ipotizzare scenari di “supercomputing esteso”: diversi centri di calcolo, connessi a processori quantistici, potrebbero collaborare in tempo quasi reale attraverso collegamenti ibridi. La possibilità di condividere entanglement e sfruttare il teletrasporto pone le basi per reti di calcolo quantistico distribuito, in cui la potenza elaborativa viene ampliata non soltanto dalla somma delle risorse, ma anche dalle proprietà intrinseche degli stati quantistici. Se aziende e fornitori di servizi riusciranno a integrare queste tecnologie nei propri data center, si potranno creare piattaforme scalabili, in grado di passare dinamicamente dal calcolo classico a quello quantistico a seconda delle esigenze, così da gestire grandi volumi di dati con un’efficienza ancora inimmaginabile.
Lo scenario delineato non elimina le complessità ancora aperte: servono ulteriori sviluppi sulle memorie quantistiche, sui protocolli di correzione d’errore e su dispositivi di conversione di frequenza che riducano il rumore e adattino i segnali alle diverse tratte. Eppure, l’aver dimostrato la coesistenza tra segnali classici robusti e processi di teletrasporto quantistico suggerisce che la fibra ottica comunemente utilizzata per le comunicazioni tradizionali può diventare la piattaforma di lancio per molteplici servizi innovativi: dalla protezione avanzata dei dati allo scambio di chiavi crittografiche, fino a reti di calcolo quantistiche su larga scala. Se il mondo aziendale saprà cogliere questa opportunità, la sinergia tra telecomunicazioni classiche e risorse quantistiche potrà trasformarsi in uno strumento chiave per l’evoluzione del calcolo e della sicurezza informatica.
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