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Immagine del redattoreAndrea Viliotti

Tech Trends 2025. L’intelligenza artificiale, il substrato cognitivo per il futuro digitale

La nuova ricerca Tech Trends 2025, a cura di Deloitte, delinea un panorama in cui l’intelligenza artificiale (AI) smette di essere una novità separata e diviene un tessuto invisibile che permea ogni livello tecnologico, sociale ed economico. Come accaduto con l’elettricità, inizialmente sorprendente e poi data per scontata, così l’AI si radicherà in maniera capillare, influenzando l’interazione uomo-macchina, il modo in cui analizziamo i dati, la sicurezza dei sistemi, la modernizzazione del core aziendale e persino il rapporto tra tecnologia e fiducia, spingendo le imprese a ripensare strategie, modelli di business e competenze.

Tech Trends 2025. L’intelligenza artificiale, il substrato cognitivo per il futuro digitale
Tech Trends 2025. L’intelligenza artificiale, il substrato cognitivo per il futuro digitale

Tech Trends 2025: l’AI come sotto strato cognitivo del futuro digitale

La prospettiva delineata dalla ricerca mostra l’AI come una forza capace di emergere da tecnologia circoscritta a elemento pervasivo nell’intero tessuto socioeconomico, rendendosi gradualmente invisibile pur essendo ovunque presente. Questo scenario non rappresenta semplicemente un avanzamento incrementale: si tratta di un cambio di paradigma in cui l’AI non è più qualcosa da “usare” consapevolmente, bensì un’infrastruttura cognitiva che, come l’elettricità, abilita processi, decisioni e interazioni senza che gli utenti si soffermino a pensarci.


Il documento di Deloitte mette in luce come l’AI possa diventare il cuore pulsante dei flussi di lavoro, integrandosi con dati, sistemi e processi. In passato le tecnologie digitali erano strumenti da imparare a padroneggiare. Ora, l’AI diventa un’intelligenza di sfondo, un sottostrato cognitivo che interagisce con l’utente in modo naturale, anticipando esigenze, interpretando contesti, coordinando risorse. Questo implica una profonda mutazione del ruolo delle organizzazioni: non dovranno più chiedersi come implementare l’AI, bensì come ripensare la strategia, la governance dei dati, i modelli operativi e le competenze interne alla luce di una cognizione artificiale onnipresente.


Questa transizione si lega a sei macro-forze InteractionInformationComputationBusiness of TechnologyCyber and TrustCore Modernization. Ognuna di esse rappresenta un fronte di cambiamento, ma il punto cruciale è la loro convergenza resa possibile dall’AI. L’Interaction assume una nuova dimensione: non si tratta soltanto di interfacce grafiche o vocali, ma di una relazione continua e contestuale tra uomo, macchina e ambiente, abilitata dall’AI. Nell’Information, l’AI diventa l’agente che filtra, organizza e interpreta moli crescenti di dati eterogenei, integrando testo, immagini, video, suoni, dati sensoriali.

Sul versante della Computation, l’AI richiede risorse di calcolo specializzate, eppure la sua presenza diffusa spinge verso nuovi paradigmi, come l’elaborazione locale su edge device per ridurre latenza e costi, e la necessità di una gestione intelligente dell’energia. Nel Business of Technology, l’AI non è una funzione IT isolata, ma una leva strategica che orienta le scelte d’investimento, ristruttura i modelli di servizio, apre a nuovi mercati. In tema di Cyber and Trust, la sfida è garantire sicurezza, privacy, robustezza, adattandosi a uno scenario in cui i sistemi crittografici devono evolvere per resistere alle minacce future. Infine, la Core Modernization significa abbandonare i vecchi silos funzionali e rendere i sistemi centrali aziendali permeabili, orchestrabili dall’AI, creando ecosistemi flessibili e adattivi.


L’AI non agisce da sola. La ricerca suggerisce come la fusione con altre tecnologie emergenti, come la computazione spaziale, abiliti simulazioni avanzate capaci di prevedere scenari complessi. Un esempio concreto è l’impiego di sensori e analisi AI per comprendere dinamiche complesse nel settore sportivo, industriale o logistico. Se in un contesto calcistico è possibile simulare tattiche sfruttando dati in 3D, lo stesso principio applicato a una catena di fornitura consente di testare virtualmente strategie di approvvigionamento, individuando punti deboli e ottimizzando i processi prima di investire risorse reali.


La vera forza dell’AI risiede nella riprogettazione dei processi. Non si tratta di automatizzare il vecchio, ma di immaginare nuove modalità di lavoro. L’AI può anticipare le necessità dei dipendenti, prevedere la domanda, personalizzare l’offerta, velocizzare i cicli decisionali. Ciò libera le persone da compiti ripetitivi, consentendo loro di focalizzarsi su creatività, strategia, innovazione. Tuttavia, questa trasformazione richiede un quadro di governance chiaro, investimenti mirati nella preparazione dei talenti, nella qualità dei dati, nella definizione di metriche di performance che premino la capacità di adattarsi e crescere.


La sicurezza e la fiducia rappresentano uno snodo cruciale. L’AI pervasiva pone problemi di bias, di responsabilità e di trasparenza. Un sistema cognitivo integrato potrebbe errare, amplificare pregiudizi, esporre a rischi di sicurezza. Diviene dunque fondamentale definire principi etici, linee guida, strutture di auditing continuo. La fiducia si costruisce garantendo che l’AI operi in modo spiegabile, interpretabile, sotto controllo. Questa prospettiva ridisegna i rapporti tra fornitori, clienti, partner, regolatori e società civile.


L’AI non è un semplice add-on tecnologico, ma il fattore chiave per ridefinire l’impresa e i modelli di crescita. L’approccio dev’essere proattivo: non attendere che l’AI divenga standard, ma prepararsi ora, integrando strategie di dati, sicurezza e governance, creando un ambiente in cui l’AI sia la condizione abilitante per qualsiasi processo o innovazione futura. Da substrato cognitivo, l’AI diverrà il fondamento dell’economia, un presente non più lontano e un futuro digitale già in costruzione.


Architetture tecnologiche convergenti: dall’hardware specializzato alla sicurezza quantistica

La prospettiva dell’AI come fondamento invisibile si concretizza in un’evoluzione dell’intera architettura tecnologica. La convergenza tra molteplici ambiti: l’hardware specializzato, l’adozione di modelli AI su larga scala, la gestione del cloud e dell’edge, la critica questione della crittografia post-quantistica e la modernizzazione del core aziendale. Tutti questi fattori interagiscono in un ecosistema che richiede nuovi equilibri.


L’hardware dedicato all’AI torna al centro della scena. Per anni il focus era sul software, ora l’esigenza di addestrare e far girare modelli AI complessi rende fondamentali le GPU, i chip NPU e altre soluzioni specializzate. Questo hardware consente prestazioni elevate e risposte in tempo reale a sfide complesse. La conseguenza è che la disponibilità di risorse computazionali diventa strategica, spingendo verso infrastrutture più flessibili. Non basta un grande data center: serve una rete di nodi intelligenti, dall’edge al cloud, capaci di adattarsi alla domanda, riducendo i consumi energetici e la latenza. L’equazione da risolvere è efficienza, costi, sostenibilità, sicurezza.


L’evoluzione dell’AI non si limita al testo: i modelli multimodali elaborano input visivi, sonori, tattili. Questo apre nuovi orizzonti in settori come l’healthcare, la manifattura, la logistica. Non si tratta più di ottenere una risposta testuale, ma di eseguire compiti con agenti AI autonomi. Questi agenti, abilitati da LLM specializzati, piccole dimensioni di modelli per specifici compiti e strumenti di sintesi, vanno oltre la semplice analisi: prendono decisioni operative, completano task, garantiscono una nuova forma di esecuzione. L’impatto sul lavoro è enorme, con i talenti IT chiamati a diventare orchestratori di agenti, formatori di modelli, supervisori di processi guidati dall’AI.


Questo scenario chiede anche riflessioni sulla sostenibilità. I data center dedicati all’AI consumano energia, impongono raffreddamenti complessi e possono sollevare questioni ambientali. Se da un lato le imprese puntano sulla miniaturizzazione, su chip più efficienti e sull’edge computing per ridurre la necessità di trasmettere dati su lunghe distanze, dall’altro occorre integrare fonti di energia pulita, ottimizzare le architetture, sperimentare soluzioni come la trasmissione dati ottica. La sostenibilità non è un orpello, ma una necessità strategica: l’AI sarà accettata se saprà coniugare innovazione e rispetto per l’ambiente.


La sicurezza riveste un ruolo centrale: l’emergere del quantum computing minaccia gli schemi di crittografia attuali. Sebbene non esista ancora un computer quantistico in grado di rompere tutte le chiavi comuni, il “harvest now, decrypt later” mette in guardia: i dati rubati oggi potrebbero essere decifrati domani. Adottare la crittografia post-quantistica è un passo necessario, una transizione che richiederà tempo e coordinamento. Le aziende devono mappare i propri asset crittografici, sostituire algoritmi, aggiornare protocolli. Questo sforzo di modernizzazione della sicurezza, affrontato ora, non solo garantisce protezione futura, ma migliora la “crypto-agilità”, rendendo le organizzazioni più resilienti a ogni minaccia in arrivo.


La modernizzazione del core aziendale è un altro tassello fondamentale. I sistemi ERP e i database centrali, per decenni cuore pulsante del business, vanno reinterpretati. Invece di imporre all’impresa di adattarsi alle logiche rigide dei sistemi centrali, è l’AI che attinge a questi asset, li integra con dati provenienti da altre fonti e fornisce insight, automazione e supporto decisionale. L’ERP diventa un punto nodale di una rete cognitiva più ampia. La governance IT cambia natura: si passa dalla manutenzione reattiva di sistemi monolitici a un’orchestrazione di servizi abilitati dall’AI, dove l’innovazione è continua e le competenze non sono più solo tecniche, ma strategiche, organizzative, relazionali.


Tutto ciò avviene in un mondo in cui non c’è una sola tecnologia dominante. Esistono già soluzioni di analytics avanzate, machine learning tradizionale, robotic process automation, sistemi di sicurezza convenzionali, infrastrutture cloud mature e consolidate. Il valore aggiunto dell’AI pervasiva non sta nel rimpiazzare l’esistente, ma nel potenziarlo, nel creare sinergie. L’AI diventa un meta-livello intelligente che connette, arricchisce e ottimizza, offrendo a ciascuna tecnologia preesistente l’opportunità di esprimere il massimo potenziale.


In definitiva, emerge un ecosistema di architetture tecnologiche convergenti, dove l’AI non è isolata, bensì integrata in un contesto di hardware specializzato, crittografia avanzata, modernizzazione dei sistemi core, sostenibilità energetica e sicurezza. La chiave non è la specializzazione fine a sé stessa, ma la capacità di orchestrare l’insieme, riconoscere le intersezioni e trarne valore. L’AI diviene così il denominatore comune che rende possibili nuovi paradigmi operativi, consentendo alle imprese di sfruttare la complessità come risorsa, non come ostacolo.


Conclusioni

La visione delineata dal Tech Trends 2025 non va interpretata come una semplice celebrazione dell’AI o come l’ennesima ondata di hype tecnologico. Al contrario, emerge la necessità di un approccio riflessivo, pacato e altamente realistico, che consideri la complessità del panorama e l’esistenza di alternative consolidate. Se l’AI diverrà parte strutturale di ogni processo, è essenziale evitare di vederla come una panacea. Esistono già da tempo sistemi di machine learning classico, soluzioni di analytics basati su dati puliti, piattaforme di integrazione, suite di sicurezza tradizionali e strumenti di automazione affermati. Queste tecnologie hanno dimostrato robustezza, affidabilità, prevedibilità. L’AI, nella sua forma più pervasiva, introdurrà grande flessibilità, ma anche maggiore incertezza.


In tal senso, l’adozione diffusa dell’AI dovrà confrontarsi con il tessuto solido dei metodi esistenti: non basterà introdurla per sostituire il collaudato, perché la fiducia, la stabilità e l’economicità di soluzioni mature rimangono asset preziosi. Le imprese più sagge non sceglieranno tra vecchio e nuovo, ma cercheranno di fondere la continuità delle tecnologie consolidate con le potenzialità trasformative dell’AI. Questo implica una capacità di compromesso, di selezione critica: non ogni processo richiede AI avanzata, non ogni caso d’uso beneficerà di agenti autonomi. Il vero vantaggio emergerà dalla capacità di identificare dove l’AI genera valore aggiunto rispetto alle soluzioni attuali, dove la sua adozione consente di esplorare ambiti prima inaccessibili.


Un altro punto chiave è la necessità di riconsiderare la natura stessa dell’innovazione. Se in passato le aziende cercavano la profondità dell’expertise in un singolo dominio per differenziarsi, oggi la creazione di vantaggio competitivo passa attraverso la larghezza delle intersezioni. Integrare tecniche di machine learning classiche con modelli linguistici generativi, fondere sicurezza quantistica con governance dei dati, accoppiare competenze di robotica con AI multimodale: l’innovazione non avverrà più nel chiuso di un singolo laboratorio, ma nel dialogo tra discipline differenti. Questo approccio multidisciplinare, da un lato, complica la gestione, dall’altro apre opportunità inedite per ridefinire i confini del valore.


La riflessione più profonda consiste nel riconoscere che l’AI, per quanto potente, non è un semplice strumento tecnico. È un cambio di prospettiva: costringe i manager a chiedersi quali siano i veri obiettivi dell’organizzazione, quali responsabilità l’impresa intende assumersi nel proprio ecosistema, come garantire inclusione, equità, rispetto dei diritti e della dignità umana. Queste non sono domande classiche della letteratura tecnologica, ma questioni strategiche che emergono quando la tecnologia diviene invisibile e omnipresente. Essere pronti non significa solo avere i giusti algoritmi, ma disporre di un’etica solida, di linee guida, di meccanismi di controllo, di trasparenza nei rapporti con gli stakeholder.


Un altro aspetto inedito è la natura dinamica del confronto tra l’AI pervasiva e le tecnologie concorrenti. L’esistenza di alternative spinte da altri paradigmi tecnici, come soluzioni data-driven tradizionali o sistemi hard-coded altamente affidabili, non scompare. Anzi, nel lungo termine, questi ecosistemi tecnologici coesisteranno. La capacità di un’azienda di muoversi agilmente tra strumenti diversi, di combinare soluzioni convenzionali con quelle di nuova generazione, rappresenterà una competenza distinta. Diventare “meta-integratori”, capaci di scegliere di volta in volta il meglio delle opzioni disponibili, sarà un tratto delle organizzazioni leader.


In definitiva, il panorama delineato non va interpretato in termini dicotomici (nuovo vs. vecchio, AI vs. ML tradizionale), ma come un mosaico complesso. Ogni tessera ha un ruolo, ogni tecnologia offre un contributo unico. L’AI fornisce un contesto cognitivo globale, ma necessiterà di solide fondamenta costruite negli anni, di infrastrutture collaudate, di pratiche di gestione dati mature, di competenze umane critiche, creatività imprenditoriale, visione strategica di lungo periodo. La sintesi non è immediata: richiede leadership con una visione aperta, coraggio per sperimentare, prudenza nel valutare impatti, capacità di comunicare con trasparenza a tutti gli stakeholder.


Non è una rivoluzione fragorosa e improvvisa, ma una trasformazione silenziosa, graduale, multiforme. Chi saprà leggere tra le righe, connettere settori differenti, usare l’AI come collante anziché come semplice strumento, troverà nuove vie per creare valore. Chi rimarrà ancorato a un’unica verità tecnologica rischierà di perdere opportunità emergenti. In questa ottica, la sfida non è solo tecnologica: è culturale, strategica, etica. E proprio in questa convergenza di fattori eterogenei, nel saper riconoscere l’utilità delle soluzioni concorrenti e arricchirle con l’intelligenza diffusa dell’AI, risiede la chiave per un futuro digitale più ricco di senso e di possibilità.


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