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Investimenti in Italia 2025: dati, sfide e opportunità per il futuro

Immagine del redattore: Andrea ViliottiAndrea Viliotti

“Investire in Italia. Ma come? Previsioni sugli investimenti in Italia 2025. Seconda edizione” di Marco Daviddi, Mario Rocco ed Emilio Rossi, realizzato con il contributo di EY e Oxford Economics, presenta un quadro articolato sulle dinamiche economiche, finanziarie e di mercato del nostro Paese, evidenziando in particolare le possibili traiettorie di crescita e le scelte strategiche che dirigenti, imprenditori e curiosi possono valutare nel prossimo futuro, ponendo al centro le tendenze macroeconomiche, l’evoluzione dell’M&A, l’importanza dell’innovazione, i nuovi modelli di consumo e la transizione energetica.

Investimenti in Italia 2025
Investimenti in Italia 2025: dati, sfide e opportunità per il futuro

Dinamiche economiche 2024 e le basi per gli investimenti in Italia nel 2025

L’analisi degli ultimi dati elaborati da EY e Oxford Economics mostra un’Italia che si è chiusa nel 2024 con una crescita inferiore all’1%, sostenuta soprattutto dai consumi, grazie a un mercato del lavoro in salute e a primi segnali di aumento dei salari. Il documento sottolinea come tale aumento dei consumi abbia compensato in parte la contrazione degli investimenti privati, scesi a causa di un clima di incertezza diffuso. Nel frattempo, gli investimenti pubblici hanno registrato un +20%, trainati dall’attuazione del PNRR, offrendo un certo livello di supporto alla dinamica di crescita.


I dati raccolti evidenziano inoltre come il mercato italiano delle fusioni e acquisizioni (M&A) abbia mostrato vitalità: per il 2024 si stima un totale di circa 1.300 operazioni, in rialzo del 7% rispetto al 2023, con un volume di investimento compreso tra 60 e 65 miliardi di euro. Nonostante ciò, si resta distanti dai picchi raggiunti nel periodo post-pandemico. Il ruolo degli investitori finanziari, in particolare i fondi di Private Equity, è risultato importante soprattutto in termini di numero di operazioni (+20%), pur a fronte di una contrazione media dei cosiddetti megadeals, con un calo del 25% nei volumi complessivi investiti. L’analisi condotta nel documento, inoltre, evidenzia che nel 75% dei casi l’M&A italiano è spinto da esigenze di consolidamento settoriale o di filiera, interpretate come leve fondamentali per guadagnare efficienza e competitività.


Al contempo, l’Outlook di EY mostra una certa fiducia tra i CEO italiani. Il 62% degli intervistati, infatti, si dichiara ottimista riguardo alla situazione del Paese, mentre il 72% prevede una crescita di ricavi e profitti per la propria organizzazione. Questo sentimento poggia su un mercato del lavoro tutto sommato dinamico, come confermato dal numero elevato di occupati (oltre 24 milioni a ottobre 2024) e da un tasso di disoccupazione in calo. Uno dei fattori determinanti per mantenere questa tendenza moderatamente positiva è la gestione intelligente della politica monetaria da parte della BCE, che sta progressivamente allentando i tassi, con una prospettiva di riduzione di altri 75 punti base nel 2025. Ciò dovrebbe favorire il credito e rendere più accessibili i capitali per le imprese, sebbene il documento inviti alla cautela, in quanto l’effetto benefico di questa riduzione dei tassi potrà palesarsi solo nella seconda metà del 2025.


Uno spaccato rilevante riguarda le tensioni geopolitiche che da un lato continuano a esercitare pressioni sui costi energetici e sul commercio estero, dall’altro inducono le imprese italiane a riorganizzare i propri mercati di riferimento, a ripensare la filiera delle forniture e a ridisegnare i modelli operativi, complice anche la necessità di integrare tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale. L’aspetto della fiducia trova ulteriore conferma nel volume di operazioni estere delle imprese italiane (circa 270 quelle stimate entro fine 2024, per 15 miliardi di euro investiti), a testimonianza della volontà di rispondere alle sfide emergenti con scelte strategiche lungimiranti e internazionalizzate. La conclusione di questa prima panoramica, dunque, è che il 2024 getta basi miste per il 2025, tra segnali di ottimismo e incognite strutturali sulla ripresa degli investimenti privati.

 

Crescita 2025: consumi, investimenti in Italia e opportunità esterne

Il documento punta i riflettori sul 2025 delineando una crescita del PIL allo 0,8%, un dato che, seppur non brillante, consolida la tendenza moderatamente positiva già tracciata dal 2024. Un buon andamento dei consumi, previsto allo 0,8%, svolgerà un ruolo stabilizzante, sostenuto dall’evoluzione dei salari reali e da tassi di inflazione ancora piuttosto contenuti (circa il 2,0%, in linea con l’obiettivo della BCE). Tuttavia, la previsione mette in luce una contrazione degli investimenti totali intorno all’1,2%, circostanza in parte spiegata dalla frenata in ambito edilizio, soprattutto dopo la fine delle misure di sostegno. Se l’edilizia e l’investimento in costruzioni mostrano un calo a doppia cifra (-10,9% stimato per le abitazioni private), si prevede invece una ripresa degli investimenti in macchinari (+5,9%) e in intangibili (+1,6%), connessa alle prime riduzioni dei tassi di interesse e a un moderato miglioramento della fiducia globale.


Per ciò che attiene la domanda estera, il calo dell’import registrato nel 2024 viene gradualmente riassorbito e nel 2025 ci si aspetta un incremento significativo delle importazioni, legato sia alla ripartenza di alcuni settori produttivi sia all’aumento dei consumi. Le esportazioni potranno beneficiare di una ripresa mondiale, pur con incognite su mercati storicamente centrali per il Made in Italy, come la Germania e gli Stati Uniti, quest’ultimi con previsioni ancora relativamente robuste (2,8% per il 2024 e 2,4% per il 2025 secondo stime OCSE).


Ne risulta che la chiave di volta per l’Italia nel 2025 sarà la capacità di sfruttare i consumi interni, di stimolare gli investimenti privati, di sostenere piani di innovazione e di cogliere le giuste opportunità nei mercati esteri, con l’ausilio di strumenti finanziari adeguati e politiche industriali lungimiranti.

 

Innovazione e AI: opportunità per gli investimenti in Italia nel 2025

Uno dei temi centrali emersi dalle testimonianze riportate riguarda l’impatto dell’intelligenza artificiale (AI) e di tecnologie digitali avanzate sui modelli operativi delle imprese italiane. Nel testo si cita, ad esempio, l’esperienza di Microsoft Italia, la quale, attraverso il programma AI L.A.B. (Learn, Adopt, Benefit), intende promuovere un’adozione responsabile dell’AI generativa, con l’obiettivo di incrementare la produttività e colmare il gap di competenze che ancora ostacola la piena espressione del potenziale nazionale. Viene evidenziato come il 100% delle aziende italiane abbia già sperimentato o dichiarato di voler sperimentare l’AI a breve termine, individuandovi soluzioni per semplificare la gestione dei dati, migliorare le relazioni con i clienti e introdurre forme più avanzate di automazione.


Nel documento compare anche l’analisi di United Ventures, società di venture capital guidata da Massimiliano Magrini. Si indica quanto sia fondamentale garantire alle piccole e medie imprese la possibilità di accedere a capitali di rischio per realizzare investimenti in tecnologie strategiche. In un Paese in cui le PMI rappresentano l’ossatura produttiva, la presenza di strumenti di private equity e venture capital appare decisiva per potenziare l’innovazione, superare le dimensioni limitate e competere in mercati sempre più tecnologici. L’aspetto finanziario non è l’unico requisito: servono competenze specializzate, piani di formazione e aperture collaborative verso università e centri di ricerca.

All’interno di questo scenario, l’AI generativa viene tratteggiata come fattore cruciale per migliorare produttività e servizi, in particolare in un contesto demografico dove l’Italia potrebbe perdere circa 3,7 milioni di lavoratori entro il 2040. Le soluzioni AI, se correttamente utilizzate e accompagnate da un piano di formazione, sarebbero in grado di compensare almeno in parte la contrazione della forza lavoro, aprendo nuove opportunità di crescita e fornendo meccanismi di supporto nella gestione dei processi.


Il documento indica anche la necessità di tenere in considerazione il tema della cybersecurity, dal momento che una digitalizzazione massiccia aumenta i rischi di intrusioni e furti di dati sensibili. Di pari passo, occorre prestare attenzione agli effetti ambientali dell’adozione di infrastrutture tecnologiche, puntando a soluzioni capaci di ridurre l’impatto energetico.

Per chi intende investire in Italia, la sfida principale è riuscire a coniugare la necessità di digitalizzazione con la capacità di ridefinire i modelli di business. Questo richiede di sfruttare l’intelligenza artificiale non solo come strumento per automatizzare attività, ma come un elemento strategico per ideare nuovi schemi operativi, organizzare l’azienda in modo innovativo, proporre servizi originali e favorire collaborazioni con altre imprese.

In sintesi, l’innovazione non è più un elemento opzionale, ma rappresenta il fulcro delle prospettive di crescita del Paese. Tuttavia, ciò richiede di semplificare l’accesso al capitale, promuovere competenze professionali adeguate e favorire un cambiamento culturale orientato all’adozione diffusa di soluzioni digitali.

 

Scenari internazionali 2025: impatti sugli investimenti in Italia

Nel percorso di avvicinamento al 2025, il documento pone l’accento sulle oscillazioni dello scenario internazionale e sugli effetti che queste potrebbero avere sulle aziende italiane. A livello globale, si prevede una crescita del 3,1% nel 2024, con un progressivo rallentamento sotto il 3% entro la fine del decennio, anche per via della ridotta spinta della globalizzazione, l’elevato debito privato e pubblico e la riduzione della natalità in molti Paesi avanzati. Si conferma che gli Stati Uniti restano un pilastro importante per l’economia mondiale, trainati dalle politiche espansive, sebbene non siano da sottovalutare potenziali effetti collaterali, come l’aumento del debito pubblico e la possibile risalita dei tassi di inflazione. Nel 2025 gli USA potrebbero infatti sovraperformare i Paesi europei, sostenuti da un’industria che investe in tecnologia (intelligenza artificiale inclusa) e in settori manifatturieri di base.


La Cina, da parte sua, sperimenta un graduale rallentamento della crescita, scesa dall’area del 6% a circa il 4% medio annuo, attribuibile al ridimensionamento del mercato immobiliare e a scelte interne volte a favorire i consumi domestici, oltre che a politiche protezionistiche di alcuni Paesi occidentali. Per l’Eurozona, lo scenario si presenta particolarmente articolato, influenzato da vincoli strutturali come l’invecchiamento demografico e livelli di produttività inferiori alle aspettative. A ciò si sommano l’alto indebitamento pubblico di alcuni Paesi, tra cui Italia e Francia, e le misure per la transizione ecologica. Queste ultime, se da una parte mirano a promuovere un’economia sostenibile, dall’altra impongono significativi oneri e sforzi al sistema industriale.


La Germania, con una crescita nulla nel 2024 e un timido +0,7% nel 2025, riveste un ruolo centrale per l’Italia, in quanto rappresenta uno sbocco importante dell’export in settori strategici, come l’automotive. L’eventuale prolungato indebolimento tedesco potrebbe riflettersi sulle performance di molte imprese italiane, col rischio di contrazioni nelle vendite e di blocchi nella filiera di fornitura. La conseguenza è un quadro europeo che fatica a trovare uno slancio compatto. In definitiva, l’incertezza geopolitica e i rischi commerciali spingono le aziende italiane a esplorare nuove destinazioni per i propri investimenti e a puntare su un approccio più globale, che guardi a regioni come i Balcani, l’Africa e l’America Latina, in sintonia con le indicazioni fornite da istituzioni come Simest (parte di Cassa Depositi e Prestiti), che nel 2024 ha promosso 9 miliardi di investimenti a sostegno del Made in Italy.

 

Settori chiave 2025: energia, consumi e strategie per investire in Italia

Un aspetto peculiare per il 2025 riguarda l’evoluzione dei consumi interni, con la comparsa di modelli polarizzati. Da un lato, vi è chi cerca prodotti a basso costo in ragione dell’incertezza economica; dall’altro, emerge un consumatore attento alla qualità, con preferenze che virano verso prodotti specifici (come quelli biologici o ad alto contenuto proteico). La testimonianza del Presidente di Conad, Mauro Lusetti, mette in luce come la sostenibilità giochi un ruolo sempre più centrale. Conad, primario operatore della grande distribuzione, ha superato il 35% del fatturato con prodotti a marchio, investendo molto in packaging, razionalizzazione della catena logistica e gestione degli asset. Questa duplice attenzione a prezzo e valore aggiunto è indicativa di come la domanda si stia differenziando e di come le imprese di ogni dimensione debbano strutturarsi per soddisfare fasce di consumatori assai diverse.

Un secondo fronte fondamentale è la transizione energetica. Le considerazioni di Nicola Monti (CEO di Edison, storica società energetica italiana) evidenziano come, nel 2025, la questione della sostenibilità dei costi energetici per il settore industriale e per le famiglie sarà cruciale. Emergeranno sistemi energetici ibridi che, da un lato, includono fonti rinnovabili in crescita, dall’altro sfruttano soluzioni programmabili come il gas o il nucleare di terza generazione a piccola taglia (SMR) per bilanciare la rete e mantenere stabili i prezzi.


Il ricorso a meccanismi di fornitura di medio-lungo termine, come i PPA (Power Purchase Agreement), è ritenuto un’opzione strategica per disaccoppiare il prezzo dell’energia dalle dinamiche quotidiane dei mercati e offrire maggiore prevedibilità ai clienti B2B.

Da ultimo, il documento pone in rilievo la necessità di un impegno congiunto di tutte le parti coinvolte (azienda, istituzioni, cittadini) per realizzare interventi di valore sui territori, con un focus sulla formazione di competenze green e digital. Senza competenze adeguate, la transizione tecnologica rischia di non concretizzarsi. La cooperazione sistemica fra soggetti pubblici e privati appare imprescindibile anche per sostenere l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, un elemento chiave nell’analisi di Simest, che sottolinea la rilevanza di un supporto finanziario e di una rete di partnership in grado di rendere le PMI più forti e capaci di affrontare i mercati emergenti. Nel complesso, la spinta a evolvere arriva sia dai consumi in trasformazione sia dalle opportunità offerte dall’energia pulita, mentre la dimensione cooperativa tra aziende e istituzioni si configura come un fattore determinante per il successo del Paese.

 

CONCLUSIONI

L’analisi del documento suggerisce un’Italia sospesa fra spinte evolutive e ostacoli strutturali: se da un lato il 2024 ha mostrato resilienza grazie ai consumi e a un mercato del lavoro relativamente solido, dall’altro restano aperte sfide decisive per il 2025, a partire dalla necessità di stimolare gli investimenti privati e di non disperdere l’occasione del PNRR. In un panorama internazionale più incerto, aggravato dalle difficoltà della Germania, dalla forte competizione degli Stati Uniti e da un rallentamento cinese, le imprese italiane devono puntare sull’innovazione, sull’AI e sulle competenze di cui il Paese è ancora carente, lavorando per ottimizzare costi e consumi energetici e per allargare con intelligenza i mercati di sbocco.


La prospettiva che emerge indica uno scenario in cui le operazioni di M&A, la cooperazione strategica e l’apporto di capitali di rischio possano costituire leve di crescita, in particolare se sostenute da un quadro normativo favorevole e da un efficace allentamento della politica monetaria europea. Tuttavia, i risultati dipenderanno dalla capacità di cogliere e valorizzare le sinergie tra industria, istituzioni e territori, oltre che dalla forza con cui imprese e governo sapranno rispondere alle incertezze geopolitiche. In confronto ad altre economie che già stanno adottando soluzioni tecnologiche e industriali simili, l’Italia conserva punti di vantaggio (creatività, qualità, tradizione manifatturiera) ma necessita di una visione di ampio respiro per evolvere in modo coerente. Per i dirigenti e gli imprenditori, si prospetta dunque un futuro di scelte orientate alla sostenibilità economica ed energetica, con un occhio attento all’integrazione di nuovi strumenti digitali e a percorsi di internazionalizzazione che possano offrire opportunità alternative di crescita. Il cammino si presenta impegnativo, ma con una chiara direzione strategica è possibile collocarsi in modo competitivo tra le principali economie avanzate, valorizzando competenze, know-how e la capacità di innovare in settori chiave del Made in Italy.


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