“IMPRESE E ICT | ANNO 2024” pubblicato il 17 gennaio 2025, curato da Alessandra Nurra, Valeria Tomeo e Federico Caboni per Istat, propone una fotografia dettagliata dell’evoluzione digitale delle imprese con almeno 10 addetti. L’analisi mette in luce l’impegno delle imprese italiane nell’adottare tecnologie di intelligenza artificiale e digitalizzazione delle imprese, rafforzando la sicurezza informatica e migliorando le infrastrutture di rete per incrementare vendite online e produttività. L’obiettivo principale dell’analisi è offrire una prospettiva quantitativa e qualitativa sui cambiamenti e le sfide digitali, evidenziando il ruolo di investimenti e nuove competenze per sostenere la competitività del sistema imprenditoriale.
Sintesi strategica per imprenditori, dirigenti e tecnici
Per gli imprenditori emerge un quadro di opportunità che si intrecciano con dati significativi. Cresce la quota di chi investe in soluzioni di Intelligenza Artificiale, passando dal 5,0% del 2023 all’8,2% nel 2024, pur restando distante dal 13,5% dell’area Ue27. Le imprese con 10-249 addetti registrano un aumento del fatturato online, salito al 14,0% contro il 4,8% di un decennio prima, segno di una tendenza importante per ampliare i mercati di riferimento e competere su scala internazionale.
Per i dirigenti aziendali risulta fondamentale concentrare l’attenzione sull’impiego di almeno sette misure di sicurezza informatica: il 32,2% delle imprese con almeno 10 addetti adotta un numero consistente di strumenti per difendere i propri sistemi (28,0% nel 2022), mentre si osserva un miglioramento nell’adozione della banda larga fissa veloce, arrivata all’88,8% nelle imprese di ogni dimensione, con punte più elevate nelle strutture di maggiori dimensioni. Resta centrale la formazione del personale su competenze informatiche, indicata dal 17,8% degli operatori nazionali, contro il 22,3% rilevato nell’area Ue27.
Per i tecnici la ricerca segnala un aumento delle misure di back-up e crittografia, soprattutto nelle imprese più esposte a rischi di attacchi informatici. La connettività ad almeno 1 Giga tocca il 18,1% delle imprese medie e il 35,9% di quelle grandi, facilitando processi di telelavoro e servizi in cloud. Le realtà che utilizzano AI generativa – come il riconoscimento vocale o la creazione di linguaggio scritto – crescono soprattutto nei reparti di marketing, vendite e innovazione, con un impatto potenziale su produttività e qualità del servizio.
Intelligenza artificiale e digitalizzazione delle imprese: dati e prospettive di crescita
Le tecnologie di intelligenza artificiale e digitalizzazione delle imprese stanno assumendo un ruolo sempre più incisivo nel tessuto produttivo, come confermano i risultati di “IMPRESE E ICT | ANNO 2024”. Le imprese con almeno 10 addetti mostrano un interesse crescente verso soluzioni che includono algoritmi di apprendimento automatico, riconoscimento vocale e visivo e automatizzazione di parti del flusso operativo. Molte di queste imprese puntano a rendere più intelligenti i processi di gestione dei dati e di analisi per creare valore in ogni fase del ciclo di vita del prodotto.
La componente legata all’AI è stata misurata rilevando, tra le altre cose, quante aziende utilizzano almeno due tecnologie basate su modelli di machine learning, deep learning o elaborazione di testi, immagini e dati. Nel 2024, secondo i risultati pubblicati, l’adozione combinata di più sistemi di AI si attesta al 5,2%. Tale valore era al 2,8% soltanto un anno prima, a riprova di una trasformazione graduale ma solida, che coinvolge soprattutto attività come la generazione di testi, l’estrazione di informazioni utili dagli archivi documentali e l’adozione di sistemi di automazione che impiegano l’intelligenza artificiale per muovere macchine in modo autonomo. Alcuni comparti appaiono più ricettivi, in particolare l’informatica, le telecomunicazioni e la produzione cinematografica e audiovisiva, con percentuali che in alcuni casi superano il 30%.
Il miglioramento nell’adozione dell’AI risulta coerente con il progressivo incremento della produttività di parte delle aziende partecipanti all’indagine, nonché con un approccio gestionale più attento alla personalizzazione delle offerte e all’ottimizzazione dei costi. Le tecnologie di intelligenza artificiale vengono infatti impiegate in ambiti variegati, dalla promozione commerciale fino all’assistenza post-vendita. Un esempio concreto è l’utilizzo di software di riconoscimento vocale per ridurre i tempi di inserimento dati e gestire in modo dinamico la relazione con i clienti. Se un call center tradizionale richiede la presenza costante di un operatore per registrare ogni dettaglio, i sistemi vocale–testo permettono di elaborare comandi, informazioni e soluzioni in modo semiautomatico e, di conseguenza, più efficiente.
Non mancano sperimentazioni nel campo dell’AI generativa, usata per progettare testi, messaggi di marketing o report automatici, con una flessibilità tale da migliorare i processi creativi e accelerare la produzione di contenuti. Mentre la fascia delle imprese più grandi dichiara un uso combinato di più funzioni AI, le PMI concentrano le energie su pochi settori specifici, spesso legati all’ottimizzazione dei processi amministrativi o a un primo potenziamento dell’area marketing e vendite. L’efficacia degli strumenti adottati dipende in larga misura dalla consapevolezza tecnica di chi li impiega e dalla qualità dei dati inseriti nel sistema. Numerosi esperimenti mostrano infatti che, in assenza di un set di informazioni ben costruito, i margini di errore restano elevati e le analisi non risultano precise.
Questo fenomeno suggerisce ulteriori margini di crescita per quelle imprese che, nei prossimi due anni, desiderano aumentare gli investimenti in macchine e software capaci di interpretare enormi quantità di dati. A livello di strategie di lungo periodo, le soluzioni AI appaiono collegate a un ripensamento organizzativo che affida alle tecnologie una parte più ampia delle mansioni ripetitive. Resta cruciale la presenza di personale esperto di AI e data science, in grado di affinare gli algoritmi e impostare le procedure di apprendimento automatico. Nel complesso, questi sviluppi spingono gli osservatori a riflettere su un passaggio epocale verso strutture aziendali meno rigide, in cui l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione delle imprese diventano fattori chiave per la competitività.
Sicurezza informatica e AI: rischi e soluzioni per le imprese
Le aziende che operano sul mercato digitale sono maggiormente esposte a rischi legati a intrusioni, furti di dati o danneggiamenti ai sistemi. Secondo quanto riportato dall’indagine Istat, il 15,8% delle imprese con almeno 10 addetti ha dichiarato di aver subito nell’ultimo anno almeno un incidente informatico con conseguenze gravi. L’incidenza sale al 29,9% nelle realtà più grandi, posizionandosi su valori più alti in alcuni settori come la produzione cinematografica e i servizi delle agenzie di viaggio, toccando punte intorno al 24-33%.
Parte della crescita registrata nel campo della cyber-security si deve a un potenziamento delle tecniche preventive, come l’autenticazione a più fattori o il monitoraggio costante delle attività potenzialmente sospette. Ogni soluzione è accompagnata da un processo di valutazione del rischio, che può includere la conservazione dei file di registro e l’uso di test periodici per individuare vulnerabilità nel sistema. Tutto ciò si correla anche al calo rilevato nella quota di imprese che hanno documenti formali su procedure specifiche per la sicurezza. Tale percentuale è scesa dal 48,3% del 2022 al 35,9% del 2024, riflettendo forse l’adozione di metodi di sicurezza più flessibili e operativi, anziché la mera produzione di documenti interni.
Risulta determinante la distinzione tra misure basilari – come il back-up dei dati e l’aggiornamento regolare del software – e misure più sofisticate, che impiegano algoritmi avanzati per valutare in tempo reale anomalie su server o terminali. Numerose imprese di dimensioni minori si limitano tuttora all’impiego di strumenti meno avanzati, mentre i grandi gruppi adottano sempre più spesso firewall evoluti e sistemi di intelligenza artificiale che identificano pattern insoliti nell’attività di rete. È interessante notare come la formazione sui rischi IT sia un altro tassello importante: il 17,8% delle imprese con almeno 10 addetti ha investito in percorsi formativi, e questo valore risulta ancora distante dal 22,3% medio registrato in Europa.
L’esempio di un’azienda manifatturiera che ha scelto di integrare un software di analisi predittiva delle minacce evidenzia i vantaggi di un approccio proattivo. Anziché subire passivamente gli attacchi, la società può programmare controlli automatici sui dati in ingresso e reagire con tempestività a ogni segnale sospetto. Questa strategia si rivela efficace soprattutto quando coincide con l’uso di reti aggiornate alla banda ultra-larga, in modo da garantire comunicazioni veloci e sicure persino nel caso di operazioni di grandi dimensioni, come la condivisione di progetti o file di sviluppo.
Nonostante gli investimenti, uno degli ostacoli maggiori resta la carenza di specialisti ICT in grado di interpretare i risultati delle analisi e di elaborare misure risolutive in tempi rapidi. La tutela di dati strategici incide sui costi e costringe gli operatori a valutare, di anno in anno, come bilanciare le spese per la difesa e quelle per l’innovazione. Alcuni preferiscono affidarsi a consulenti esterni, riducendo il peso di strutture IT interne, mentre altri scelgono di formare il proprio personale con l’obiettivo di rafforzare la cultura della prevenzione e rispondere in modo tempestivo a ogni anomalia. I dati analizzati confermano che le realtà più protette condividono una visione strategica della cyber-security, agendo contemporaneamente su soluzioni tecnologiche e processi di governance.
Digitalizzazione e banda larga: impatti su produttività e mercati
Un requisito fondamentale per la competitività digitale riguarda la disponibilità di connessioni rapide e stabili. Il documento Istat sottolinea l’aumento continuo della quota di imprese che utilizzano la banda larga fissa con velocità di almeno 30 Mbit/s, passata dall’82,8% del 2022 all’88,8% del 2024. Il dato raggiunge il 35,9% delle grandi imprese quando si parla di connettività a 1 Giga, un valore cruciale per garantire l’accesso simultaneo di numerosi utenti e la gestione di processi evoluti come videoconferenze, teleassistenza e scambio massiccio di dati.
L’aumento di velocità e copertura delle reti porta con sé benefici significativi: numerose realtà possono adottare strategie di lavoro a distanza, riducendo le spese operative e ampliando il bacino di potenziali collaboratori. I tecnici impegnati in questi sviluppi evidenziano l’importanza di rafforzare i dispositivi di rete, come router avanzati, firewall basati su cloud e software per il monitoraggio del traffico. Questo investimento infrastrutturale risulta fondamentale per le imprese che mirano a supportare un numero crescente di servizi remoti, dalla gestione in tempo reale delle scorte alla condivisione immediata di dati tra sedi distribuite su scala regionale o internazionale.
Un fattore che dimostra quanto sia importante la connettività per la competitività è il ricorso più frequente alle riunioni a distanza. Quasi l’77% delle PMI consente ai propri dipendenti l’accesso remoto alle e-mail, ai documenti aziendali e alle applicazioni che servono per lo svolgimento delle attività ordinarie, mentre le imprese di maggiori dimensioni arrivano a sfiorare il 98%. Se anni fa poteva essere sufficiente una connessione a 20 Mbit/s, oggi le esigenze di condivisione di file multimediali, render 3D o strumenti collaborativi in cloud hanno spinto le imprese verso piani di abbonamento con velocità sempre maggiori.
Il miglioramento delle infrastrutture di rete risulta evidente anche nel rafforzamento del lavoro in sicurezza, poiché una connessione più veloce permette di verificare in modo costante l’eventuale presenza di malware e virus. Si notano inoltre esperienze di integrazione tra dispositivi IoT (Internet delle cose) e sistemi di data analytics erogati via cloud, garantendo la raccolta e l’elaborazione di enormi flussi di informazioni. Le imprese in grado di adottare rapidamente questa evoluzione si posizionano in modo più competitivo, integrando canali e-commerce, CRM (Customer Relationship Management) e software ERP (Enterprise Resource Planning) all’interno di un’unica architettura di rete. Nel medio periodo, tale sinergia può generare risparmi di scala e una maggiore reattività alle mutevoli condizioni di mercato.
E-commerce e nuove rotte commerciali: dati, investimenti e strategie di espansione
Nel panorama delle imprese analizzate, l’aumento delle vendite online rappresenta uno degli aspetti più interessanti. Circa il 20,4% delle realtà con almeno 10 addetti dichiara di aver effettuato vendite online nell’anno precedente, realizzando in media il 16,9% del fatturato totale attraverso questi canali. Il commercio elettronico è così diventato una leva imprescindibile per chi cerca di consolidare o ampliare il proprio mercato, sfruttando una clientela sempre più propensa agli acquisti su web e piattaforme dedicate.
Un aspetto rilevante nel panorama attuale è l’attenzione crescente verso l’export digitale. Stando alle ultime rilevazioni, oltre la metà delle imprese che vendono online (51,2%) raggiunge anche mercati esteri, con livelli particolarmente alti nella fabbricazione di mezzi di trasporto (92,4%) e nel settore ricettivo (96,1%). In queste filiere, l’utilizzo dei canali telematici risulta determinante per ampliare il bacino di clientela e consolidare la presenza su scala internazionale. Il tessile e la filiera della moda si evidenziano come settori capaci di veicolare i propri brand all’estero, grazie a vetrine virtuali e piattaforme specializzate. Nel caso delle PMI, si osserva un incremento costante della quota di vendite transfrontaliere, il che indica una fiducia crescente in strumenti digitali strutturati per gestire pagamenti, logistica e assistenza post-vendita con modalità semplificate.
Sul piano dei dati, numerose imprese hanno scoperto che vendere online non comporta solo l’ampliamento della gamma di prodotti: implica una diversa gestione del magazzino, la creazione di servizi di customer care puntuali e l’introduzione di nuovi contratti di spedizione. Ne consegue la necessità di personale interno dotato di competenze specialistiche, sia per la parte informatica sia per la pianificazione logistica. Alcuni dirigenti vedono in questa evoluzione un’opportunità per potenziare la propria posizione competitiva, altri invece temono la pressione di un mercato globale dove emergono attori di grandi dimensioni in grado di proporre prezzi aggressivi e tempi di consegna rapidi.
Si osserva un incremento delle vendite effettuate tramite sistemi EDI (Electronic Data Interchange), strumenti comunemente utilizzati nelle relazioni commerciali tra aziende (B2B).
Questi sistemi permettono di automatizzare lo scambio di dati tra fornitori e clienti, riducendo al minimo errori operativi e tempi di gestione. Parallelamente, le imprese con una minore esperienza in ambito informatico si affidano a marketplace affermati, che offrono soluzioni integrate per gestire i pagamenti e le spedizioni in modo semplice ed efficace.
Nel lungo termine, l’integrazione tra piattaforme di e-commerce proprietarie e sistemi EDI potrebbe favorire il rafforzamento delle relazioni tra aziende e stimolare lo sviluppo dei distretti produttivi, in particolare nelle aree del Nord Italia caratterizzate da una forte specializzazione industriale. Tuttavia, per sfruttare appieno queste opportunità, è necessario un impegno costante per mantenere aggiornati i sistemi tecnologici e garantire una formazione adeguata al personale. L’obsolescenza tecnologica, infatti, può causare rallentamenti operativi e compromettere la competitività aziendale.
Verso la digitalizzazione avanzata: formazione, incentivi pubblici e nuovi modelli organizzativi
Uno degli elementi più significativi emersi dal rapporto è l’influenza positiva di fattori strategici come i finanziamenti statali e la formazione del personale nella crescita digitale delle imprese. Oltre la metà delle aziende con almeno 10 addetti considera determinanti le politiche di incentivo che favoriscono l’acquisto di dispositivi hardware e software, la ricerca di specialisti ICT o la realizzazione di progetti formativi. Le imprese di maggiori dimensioni mostrano un interesse ancora più accentuato verso i sostegni pubblici, coinvolgendo talvolta più regioni e partnership con centri di ricerca, in modo da accelerare i programmi di trasformazione e sopperire alla scarsità interna di competenze tecniche.
La formazione informatica è la leva che incide sulla capacità di gestire processi di analisi dei dati, sicurezza e uso delle reti ad alta velocità. Se alcune realtà si limitano a un addestramento di base, altre offrono corsi avanzati su machine learning, architetture cloud e tecnologie IoT. Soprattutto le imprese manifatturiere che puntano all’automazione dei propri impianti introducono workshop mirati a illustrare come un sistema di sensoristica applicato alle linee di produzione possa influire sul risparmio energetico, oppure come una piattaforma di data analytics possa prevedere guasti e interruzioni, limitando il rischio di fermi macchina. Tali iniziative mirano non solo a migliorare i processi, ma anche a sensibilizzare il personale su tematiche come privacy e protezione dei dati.
Un caso esemplificativo riguarda quelle aziende che adottano il cosiddetto Digital Intensity Index (DII) come riferimento per valutare il proprio livello di digitalizzazione. Questo indice varia da 0 a 12 in base all’impiego di specifiche tecnologie ICT. Le imprese che superano un determinato punteggio ottengono spesso maggiori benefici, tra cui la possibilità di accedere a bandi di finanziamento dedicati a chi dimostra di aver implementato, ad esempio, almeno tre misure di sicurezza o di svolgere la formazione obbligatoria sul tema ICT. Nel 2024 si rileva che il 70,2% delle PMI raggiunge un livello definito di base (almeno quattro attività digitali su 12), mentre il 97,8% delle grandi imprese soddisfa ampiamente questa soglia e l’83,1% ne supera una ancora più elevata. Questi dati suggeriscono che la dimensione aziendale incide sulla capacità di introdurre pratiche digitali, ma esistono PMI brillanti che, attraverso un’intensa focalizzazione sugli investimenti, riescono a ridurre il divario.
Da un punto di vista organizzativo, la crescente adozione di sistemi digitali e piattaforme integrate spinge gli imprenditori a ridisegnare i flussi di lavoro per creare team multidisciplinari capaci di interagire con specialisti IT e con agenzie esterne. Lo sviluppo di una strategia di digitalizzazione organica, che coinvolge tutti i reparti, consente di condividere i dati in tempo reale e di coordinare la catena di fornitura con maggiore elasticità. Alcune imprese, soprattutto nei settori più sensibili all’innovazione, scelgono di collaborare con istituti universitari per avviare progetti sperimentali, ad esempio l’introduzione di algoritmi evoluti di machine learning per la gestione delle scorte.
Questo scenario spinge molte aziende a pianificare con anticipo gli investimenti digitali per i due anni successivi, considerando attentamente non solo i costi immediati, ma anche quelli legati alla manutenzione dei sistemi e alle implicazioni sulla gestione aziendale. Disporre di personale costantemente formato riduce il rischio di errori nell’implementazione delle tecnologie e favorisce lo sviluppo di una cultura aziendale più pronta ad affrontare le sfide future.
Questa consapevolezza crea nuove opportunità per il settore della consulenza tecnologica, stimolando la progettazione di servizi capaci di integrare soluzioni cloud, piattaforme di e-commerce e strumenti di sicurezza in suite modulari e scalabili. Nel medio termine, si prevede un graduale progresso dell’ecosistema imprenditoriale, in cui la formazione continua e gli incentivi mirati diventano fattori chiave per raggiungere un alto livello di digitalizzazione e una struttura organizzativa più agile e adattabile.
Conclusioni
Le evidenze emerse da “IMPRESE E ICT | ANNO 2024” confermano la crescita costante di tecnologie legate all’intelligenza artificiale, alla banda larga veloce e all’e-commerce, delineando scenari in cui la dimensione e la specializzazione settoriale influenzano profondamente la velocità di adozione delle innovazioni. Il dibattito sulle opportunità di investimento appare destinato a evolversi ulteriormente, poiché alcune imprese si stanno affacciando a soluzioni cloud e big data analitici, mentre altre si orientano su processi di automazione industriale che sfruttano sensori sempre più sofisticati. Nei prossimi anni, molte realtà punteranno a colmare il divario competenziale nell’ambito dell’intelligenza artificiale e digitalizzazione delle imprese, grazie alla formazione ICT, agli incentivi pubblici e alle collaborazioni con il mondo della ricerca.
Il confronto con tecnologie similari già adottate in Paesi con maggiore penetrazione dell’AI e dell’e-commerce suggerisce un margine di crescita per il tessuto imprenditoriale nazionale, purché si riescano a valorizzare i nuovi modelli organizzativi e la flessibilità che la digitalizzazione richiede. Le imprese più aperte all’innovazione appaiono interessate a servizi cloud in grado di integrare l’analisi dei dati con piattaforme di vendita online. Altre, caratterizzate da settori a basso impatto tecnologico, sembrano invece più lente nell’aggiornare le proprie strutture. Questa forbice, se da un lato può ampliare i divari esistenti, dall’altro sprona una riflessione strategica su come ripensare gli investimenti digitali in termini di sostenibilità economica e di ritorno a medio-lungo termine.
Il report suggerisce che i vantaggi di una transizione digitale diffusa non si esauriscono nella sfera meramente tecnologica, ma coinvolgono anche una revisione delle politiche di formazione e selezione del personale. Per molti dirigenti, la sfida cruciale consiste nell’abbinare in modo intelligente capitale umano e strumenti ICT, con un occhio attento alla qualità dei dati e delle procedure di sicurezza. I riscontri raccolti spronano a valutare nuovi approcci che permettano alle aziende di integrare l’AI con le reti ad alta velocità e le vendite online, così da ampliare il proprio potenziale di mercato in maniera realistica e senza eccessi di entusiasmo. In un panorama dove l’innovazione avanza su più fronti, la strada per trarre vantaggio dalle tecnologie esistenti è aperta a chi sa combinare pragmatismo, capacità di analisi e spirito collaborativo.
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