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Industry 5.0 in India e Italia: opportunità e prospettive verso un futuro sostenibile e a misura d’uomo

Immagine del redattore: Andrea ViliottiAndrea Viliotti

Industry 5.0: “Decoding the Fifth Industrial Revolution: Marching towards a resilient, sustainable and human-centric future” è una ricerca condotta da PwC India, realizzata con la collaborazione di tre autori di rilievo – Sudipta Ghosh, Anirban Mukherjee e Raghav Manohar Narsalay. Intervistando 180 senior executive in sei settori manifatturieri, lo studio analizza il passaggio dall’automazione tradizionale alla sinergia tra persone, tecnologie avanzate e sostenibilità. L’obiettivo è rendere i sistemi produttivi più flessibili e responsabili, capaci di adattarsi rapidamente ai cambiamenti esterni e di tutelare la sicurezza dei lavoratori, offrendo al contempo nuove prospettive per la crescita aziendale.


Per gli imprenditori, lo studio conferma che 93% dei dirigenti indiani punta a distinguersi per l’attenzione alla sostenibilità, pur mantenendo l’obiettivo di raddoppiare o triplicare la redditività in tre-cinque anni. Le considerazioni emerse dal confronto tra Italia e India sottolineano come l’integrazione di tecnologie human-centric (robotica collaborativa, intelligenza artificiale e processi a basso impatto ambientale) possa rafforzare la resilienza, contenere i consumi e accrescere la sicurezza del personale. In Italia, le politiche di supporto statale favoriscono l’adozione di modelli digitali green, mentre in India sono i grandi gruppi industriali a trainare l’innovazione: in entrambi i casi, l’automazione non è più meramente operativa, ma una leva per ripensare i processi in ottica sostenibile.


Per i dirigenti, i nuovi dati indicano che il successo competitivo deriva dalla capacità di bilanciare efficienza e centralità della persona. I sistemi di monitoraggio in tempo reale e i digital twin — repliche virtuali per test e simulazioni continue — abbattono i rischi di fermo produttivo e migliorano l’ergonomia lavorativa. Si rivela anche fondamentale rivedere i parametri di performance, includendo indicatori ESG (Environmental, Social, Governance) insieme ai risultati economici. L’esperienza italiana, con forti incentivi pubblici, e quella indiana, più orientata all’iniziativa privata, dimostrano che la combinazione di strategie operative e attenzione alla forza lavoro produce un incremento tangibile in termini di produttività e fiducia dei dipendenti.


Per i tecnici, si aprono prospettive stimolanti nel campo dell’Internet of Things (IoT), dell’automazione robotica e dell’analisi predittiva. Tali tecnologie generano dati utili a progettare processi più rapidi, sicuri e rispettosi dell’ambiente, incentivando manutenzioni puntuali e riducendo scarti. Per scalare queste soluzioni, però, servono infrastrutture affidabili e protocolli stringenti di cybersecurity, specialmente quando vengono applicate tecniche di intelligenza artificiale generativa (GenAI). Il confronto tra Italia e India evidenzia come la formazione continua e la condivisione di buone pratiche siano due pilastri per sfruttare appieno queste potenzialità, garantendo al contempo una transizione che tuteli sia gli operatori sia l’ecosistema industriale.

Industry 5.0
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Industry 5.0: evoluzione verso la sinergia uomo-tecnologia

L’emergere di nuovi paradigmi industriali segna un passaggio da sistemi automatizzati a sistemi ibridi in cui il lavoratore rimane al centro, potenziato e non sostituito dalle tecnologie digitali. Questo è il cuore di Industry 5.0, dove l’automazione non è più soltanto orientata all’efficienza: diventa un abilitatore di collaborazione che apre nuove modalità operative in fabbrica, negli uffici tecnici e nelle funzioni commerciali. I dati illustrati nella ricerca nascono dall’osservazione di imprese che stanno già sperimentando questa transizione.


La collaborazione uomo-macchina esalta capacità come il problem solving e la creatività dei dipendenti, puntando su una sinergia che aumenta la qualità dei processi. Le interviste condotte tra maggio e luglio 2024 evidenziano che i manager più innovativi non desiderano solo ridurre i costi o ottimizzare le scorte: mirano a costruire un ambiente che risponda ai bisogni delle persone e della società. Un esempio chiarificatore viene dall’automotive, dove un produttore indiano ha sfruttato algoritmi di intelligenza artificiale generativa per gestire meglio le campagne marketing verso la fascia di clientela più giovane. Dalla stessa piattaforma, il costruttore ha poi sviluppato un sistema di assistenza interno, permettendo ai venditori di proporre offerte personalizzate grazie all’analisi del profilo cliente. La conseguenza non si è limitata al recupero del 30% dei lead potenzialmente persi: si è tradotta in una migliore comprensione delle preferenze del mercato, riducendo sprechi di risorse.


Industry 5.0 implica, inoltre, un maggiore equilibrio fra profitto e sostenibilità a lungo termine. Già nell’Industria 4.0 erano emersi strumenti capaci di prevedere guasti e ottimizzare flussi di lavoro. Oggi questi sistemi predittivi evolvono in sistemi preemptive, capaci di allertare gli operatori ore prima di possibili interruzioni, come nel racconto di Prabha, l’ingegnera che riceve notifiche sul cellulare e previene un blocco produttivo simulando eventuali scenari tramite un gemello digitale. Questo approccio, che unisce tecnologia e prontezza umana, riduce i tempi morti, preserva la sicurezza dei dipendenti e limita l’impatto ambientale grazie a interventi più mirati.


L’indagine condotta da PwC India rivela che circa la metà degli intervistati sta investendo nella creazione di filiere reattive, supportate da analisi in tempo reale e da piattaforme integrate. Questo processo rafforza la resilienza dell’intero ecosistema, perché favorisce flessibilità nei tempi di consegna e nella gestione delle risorse naturali. Più in generale, la ricerca suggerisce che l’intervento umano resta imprescindibile: la tecnologia agevola, ma servono competenze specifiche per interpretare i dati, guidare le macchine e prendere decisioni con un approccio responsabile.


La sinergia fra lavoratori e strumenti digitali deve anche avvenire in un quadro di formazione continua. Solo attraverso il potenziamento delle competenze si può realizzare quel passaggio da una forma di efficienza limitata a un’eccellenza organizzativa estesa, in cui la tecnologia non sostituisce il fattore umano ma ne esalta i punti di forza. Questo scenario, testimoniato dalle buone pratiche in settori come chimica e metalli, si traduce in una tendenza a investire in processi di upskilling strutturati, spesso correlati a partnership con istituti di ricerca o con aziende specializzate nello sviluppo di soluzioni AI e IoT.


Infine, la ricerca sottolinea che Industry 5.0 non è un’opzione per pochi visionari: è una strada che, se non intrapresa con la giusta determinazione, comporta costi nascosti. Molti dirigenti stimano una perdita media del 4.37% di fatturato nel 2024 per non aver adottato in modo organico le capacità chiave di Industry 5.0. Tuttavia, la transizione offre la prospettiva di un incremento potenziale del 6.42% dei ricavi entro uno-due anni per le organizzazioni che sapranno integrare queste tecnologie in modo responsabile, mettendo al primo posto valori sociali e obiettivi economici.


Industry 5.0: sostenibilità e responsabilità come leve di crescita

Dall’analisi di PwC India emerge che l’aspirazione a una crescita economica rapida deve oggi andare di pari passo con l’impegno a ridurre emissioni, sprechi e rischi per l’ecosistema. Quasi tutti gli intervistati dei settori automotive, cementiero e industrial goods dichiarano di voler adottare fonti rinnovabili e pratiche di efficienza energetica. Questo non è più soltanto un trend di marketing: risponde alle pressioni dei consumatori, del legislatore e di un personale sempre più consapevole. Un grande gruppo di ingegneria industriale, per esempio, ha integrato soluzioni a idrogeno nei sistemi di alimentazione, con un piano d’investimenti che prevede collaborazioni nel campo delle infrastrutture e della ricerca. In parallelo, le macchine movimento terra di nuova generazione di questo stesso gruppo risultano più efficienti dal punto di vista dei consumi, riducono le emissioni e, grazie a sensoristica IoT integrata, forniscono dati immediati agli operatori.


Il concetto di sostenibilità va però oltre la semplice riduzione degli sprechi. Le aziende più visionarie progettano i propri prodotti con l’idea di estenderne il ciclo di vita, adottando principi di economia circolare, dal reimpiego di componenti al recupero dei materiali. Nella ricerca di PwC India, alcuni dirigenti del settore chimico e tessile rimarcano quanto la clientela sia disposta a pagare un sovrapprezzo per prodotti più verdi. Nello specifico, alcuni intervistati nel tessile fanno notare come la domanda di materiali riciclabili e metodi di produzione a basso impatto stia spingendo a ripensare l’intera catena dei fornitori, premiando soluzioni certificate e trasparenti.


L’attenzione alla sostenibilità sta modificando i criteri di valutazione delle prestazioni aziendali: oltre al margine operativo, diventa fondamentale la capacità di tutelare la salute dei lavoratori e di gestire in modo efficace l’impatto ambientale delle attività produttive. Alcune aziende hanno introdotto strumenti di monitoraggio continuo per misurare la riduzione delle emissioni indirette di gas serra, suddivise in Scope 2 (relative all’energia acquistata e consumata) e Scope 3 (derivanti dall’intera catena di fornitura e dall’uso dei prodotti venduti). Questi sistemi, integrati in pannelli di controllo digitali consultabili in tempo reale, permettono una supervisione costante dei progressi compiuti.


Questa evoluzione stimola una maggiore collaborazione tra i reparti tecnici, le risorse umane e la direzione finanziaria, contribuendo a diffondere una cultura aziendale più consapevole. La dirigenza, supportata da dati concreti, assume la responsabilità di rispettare gli impegni presi nei confronti dei dipendenti e degli interlocutori esterni, rendendo trasparente il percorso verso una gestione più sostenibile.


Inoltre, la ricerca indica che oltre la metà degli executive intervistati punta a soluzioni digitali per coniugare sostenibilità ed efficienza, come sistemi di inventory tracking real-time, in grado di minimizzare le eccedenze di magazzino e di ottimizzare i trasporti sulla base delle reali necessità. L’effetto finale non si limita a migliorare i bilanci: riduce gli impatti ambientali e rispecchia un approccio etico alla gestione delle risorse.


Il passaggio a organizzazioni sostenibili, tuttavia, richiede investimenti iniziali di un certo rilievo, competenze specialistiche e una visione del top management che non si limiti a massimizzare il profitto nel breve periodo. Il fatto che diversi dirigenti del settore cementizio si dichiarino pronti a investire in impianti più puliti svela la voglia di anticipare normative più stringenti e di cogliere opportunità di finanziamento. Questo trend di responsabilità potrebbe anche diventare un vantaggio competitivo, perché aumenta l’attrattività dell’azienda di fronte a investitori, giovani talenti e consumatori.


In parallelo, la componente umana resta un tassello centrale: i lavoratori desiderano condizioni più sicure e mansioni meno ripetitive, e il management ha la possibilità di fidelizzare il personale attraverso forme di empowerment, automazione intelligente e formazione continua. Così, la tutela ambientale si intreccia con il benessere professionale, ampliando il valore creato da Industry 5.0, non più misurabile solo in termini di produttività ma anche in termini di qualità del lavoro e impatto positivo sulla comunità.


Industry 5.0: dal dato alla collaborazione operativa

La capacità di prendere decisioni rapide e ben informate costituisce un asse portante della trasformazione in chiave Industry 5.0. Le aziende più all’avanguardia non si limitano a implementare un software di analisi predittiva: sviluppano un’infrastruttura in grado di raccogliere e validare dati da ogni punto della catena del valore. Dove un tempo la gestione dei flussi informativi era frammentaria, con i reparti incapaci di dialogare fra loro, oggi si punta alla condivisione costante delle informazioni, abbattendo i silos funzionali. Questa evoluzione è riscontrabile in settori come chimica e metallurgia, dove alcune imprese hanno introdotto piattaforme dedicate a raccogliere i feedback dei clienti, unificare l’analisi dei dati di fabbrica e misurare simultaneamente gli indicatori ESG.


Un aspetto chiave è la collaborazione estesa, che si manifesta con progetti di open innovation e partnership con fornitori, clienti e persino concorrenti, per affrontare criticità comuni. L’industria chimica offre esempi di consorzi dedicati al recupero di scarti industriali, dove la tecnologia IoT consente un tracciamento continuo della filiera e riduce gli sprechi grazie al riuso di materiali in altre applicazioni. Questa mentalità collaborativa genera un valore aggiunto: crea soluzioni prima impensabili e condivide costi e rischi fra più attori.


La ricerca mostra che il 50% dei dirigenti, in media, considera prioritaria l’automazione di attività ripetitive entro l’anno in corso. Se i task più gravosi sono delegati a sistemi robotici, le squadre possono concentrarsi sulle fasi creative del progetto o sulla risoluzione di problemi complessi. In questo modo si favoriscono inclusione e benessere professionale. Gli operatori specializzati diventano supervisori di processi più articolati, con la necessità di competenze trasversali: dalla programmazione di base fino alla gestione di scenari d’emergenza supportati da gemelli digitali. Un’impresa nel comparto cemento, per esempio, ha dotato ogni reparto di sistemi di monitoraggio continuo e di simulatori capaci di verificare in anticipo la tenuta degli impianti di fronte a picchi di domanda.


Questi strumenti di simulazione si basano su modelli di intelligenza artificiale e machine learning addestrati su dati storici, ma capaci di rielaborare situazioni nuove in tempo reale. Il caso di Prabha, menzionato nella ricerca, mostra la potenza combinata di digital twin e rapidità di comunicazione: la squadra sul campo visualizza i parametri di un macchinario e interviene in modo chirurgico, prevenendo guasti e minimizzando rischi per il personale. La stessa logica si applica alle filiere di fornitura, che possono reagire rapidamente a variazioni di mercato, regolando in anticipo i flussi di materiali grazie a soluzioni di previsione della domanda.


Nella prospettiva dell’Industry 5.0, questa integrazione di dati accelera anche i processi di personalizzazione, dalla creazione di prodotti custom alla fornitura di servizi post-vendita su misura. Ciò risponde a un consumatore finale più esigente, attento non solo al costo e alla qualità, ma pure alla provenienza e alla sostenibilità.


La raccolta e la condivisione di dati impongono, però, di rafforzare la sicurezza informatica. Molte imprese lamentano difficoltà a adottare un framework di cybersecurity che copra l’intero ciclo di vita del prodotto e il dialogo tra reti IT (Information Technology) e OT (Operational Technology). La ricerca evidenzia che il 46% dei dirigenti intende investire nei prossimi mesi per mettere al sicuro sistemi, dati di fabbrica e proprietà intellettuale. La sfida riguarda la protezione di dispositivi sempre più connessi e la necessità di protocolli ad hoc per preservare asset critici da possibili attacchi.


Industry 5.0: digital twin e sicurezza informatica per la competitività

Mentre l’Industria 4.0 ha introdotto strumenti di analisi predittiva e una prima ondata di automazione intelligente, la sfida attuale è sviluppare tecnologie preemptive e sistemi di simulazione capaci di anticipare guasti e definire le modalità di intervento più efficaci. Il digital twin, ad esempio, consente di replicare virtualmente gli asset fisici per testare scenari di rottura, avarie o variazioni di configurazione prima che si verifichino danni concreti. Pur avendo avviato progetti pilota in questo ambito, molti manager del settore industrial goods incontrano difficoltà nel diffondere tali soluzioni a livello organizzativo, a causa di costi elevati, complessità tecniche e carenza di competenze specifiche.


L’implementazione su ampia scala di soluzioni come digital twin e robotica collaborativa richiede un cambio di mentalità. Non si tratta più soltanto di tagliare i tempi di produzione: l’obiettivo diventa creare un ecosistema in cui la macchina apprenda dall’operatore, e viceversa, in un ciclo di miglioramento continuo. Alcuni dirigenti del settore chimico, ad esempio, hanno descritto come la formazione in realtà aumentata (AR) consenta agli operatori di eseguire compiti rischiosi in modo più sicuro, visualizzando su un visore le istruzioni e i parametri fondamentali. Questo avvicina la tecnologia alla persona, rendendola più accessibile e riducendo gli errori umani.


Parallelamente, l’automotive registra una rapida crescita nella componente software, con milioni di linee di codice a bordo dei veicoli. Di conseguenza, la cybersicurezza non riguarda più soltanto i database aziendali: una falla nella protezione di un veicolo connesso potrebbe consentire ad attori malintenzionati di prendere il controllo da remoto o di accedere a dati sensibili. Per questo, il governo indiano ha stabilito che i costruttori di auto e mezzi pesanti si dotino di un sistema di cybersecurity management, obbligatorio per garantire ai cittadini un utilizzo sicuro di veicoli sempre più tecnologici.

Altri settori, come il tessile, affrontano sfide peculiari: catene di fornitura molto diversificate, una quota significativa di fornitori non strutturati e un controllo limitato su ogni anello del processo. Ciò rende prioritario sviluppare soluzioni di blockchain o sistemi di tracciabilità per garantire l’autenticità dei materiali ed evitare violazioni della proprietà intellettuale. Inoltre, adottare software di monitoraggio per la conformità ambientale implica la protezione di dati sensibili su emissioni, trattamenti chimici e quantitativi di fibre riciclate. Tutti aspetti che, secondo i dirigenti interpellati, richiedono un approccio sistematico e investimenti in formazione, oltre che in tool tecnologici.


La predisposizione a testare nuove soluzioni, in chiave agile, appare cruciale: i progetti troppo grandi e lunghi, concepiti con modelli tradizionali, faticano a adattarsi ai ritmi del mercato. Meglio lanciare piccoli esperimenti e, una volta validati, estenderli gradualmente. Un esempio vincente emerge dal settore chimico, dove alcune imprese hanno creato “laboratori interni” per testare l’interazione fra macchinari reali e digital twin, osservando in che modo i dati vengano acquisiti e come reagiscano gli operatori nelle fasi di manutenzione preventiva. Questa flessibilità, accompagnata da misure di tutela informatica, permette di trovare soluzioni che combinino massima efficienza e sicurezza, così da sostenere la reputazione aziendale e proteggere i clienti finali.


Industry 5.0: convergenza di ESG, workforce e supply chain

Un aspetto fondamentale dell’Industry 5.0 è l’integrazione delle politiche ESG (Environmental, Social & Governance) nelle decisioni quotidiane di produzione, rifornimento e distribuzione. Gli intervistati nei settori tessile e industrial goods evidenziano come uno dei maggiori ostacoli sia la frammentazione dei dati: sensori e piattaforme differenti generano flussi informativi difficili da consolidare, rendendo complesso il confronto delle performance dei fornitori e la valutazione delle riduzioni di emissioni Scope 2 e Scope 3. Tuttavia, la ricerca rivela che circa due terzi dei dirigenti stanno adottando standard comuni, consapevoli che una mancanza di coerenza potrebbe erodere la fiducia del mercato e portare a restrizioni normative future.


L’evoluzione delle supply chain segue la stessa logica: passare da catene statiche a reti più reattive, in cui i dati scorrono in tempo reale fra produttori, distributori e persino clienti finali. L’adozione di magazzini intelligenti e sistemi di inventory tracking consente di evitare giacenze superflue e previene stockout costosi. Questa orchestrazione dinamica, associata a una pianificazione integrata, permette di evitare trasporti inutili e riduce l’impronta ambientale. I dirigenti del settore chimico e industrial goods riferiscono di investimenti significativi in tal senso, con l’obiettivo di ottimizzare i percorsi logistici e migliorare l’utilizzo dei mezzi di trasporto.


In parallelo, le aziende investono sul capitale umano. Le interviste rivelano che oltre la metà dei dirigenti punta a programmi di formazione su larga scala, mirati a colmare il divario fra le competenze tradizionali e le esigenze di un contesto evoluto, orientato a sostenibilità e uso intensivo dei dati. Alcuni grandi gruppi del settore metalli, ad esempio, hanno avviato partnership con istituti di ingegneria per creare figure specializzate nella geotecnica e nella simulazione dei processi minerari. Tale esperienza potenzia la sicurezza sul campo e rende più efficiente la gestione di materiali preziosi, salvaguardando al contempo l’ambiente da estrazioni eccessive.


La ricerca mostra che il beneficio di questo allineamento tra workforce, ESG e supply chain si traduce in opportunità commerciali concrete. Alcuni dirigenti del comparto automobilistico evidenziano la disponibilità dei clienti a pagare di più per veicoli con propulsori ecologici o design riciclabile. Nel tessile, i brand che adottano processi trasparenti, supportati da protocolli ESG integrati, riscuotono maggior appeal tra i consumatori attenti all’impatto socio-ambientale. Questa transizione valoriale, dunque, non è un costo ma una leva competitiva che amplia i mercati di riferimento.


In definitiva, la convergenza fra sostenibilità, valorizzazione del personale e supply chain digitalizzate costituisce il nocciolo duro dell’Industry 5.0. Chi investe adesso in questa direzione registra un vantaggio significativo, come indica la stima di oltre il 7% di crescita dei ricavi in settori quali chimica, cemento e tessile, dove la transizione è in pieno fermento. Ciò non significa che il cammino sia privo di ostacoli: i manager più lungimiranti sanno che serviranno anni di trasformazioni e un’evoluzione costante delle competenze. Tuttavia, la strada è tracciata: con investimenti mirati e una pianificazione condivisa, Industry 5.0 offre scenari solidi di sviluppo, mantenendo saldi i principi di responsabilità sociale e centratura sull’essere umano.


Convergenze e prospettive comuni: riflessioni finali sull’Industry 5.0 in Italia e India

I risultati che emergono dall’analisi di PwC India, integrati con quanto osservato nel confronto tra Italia e India, suggeriscono che efficienza, sostenibilità e centralità della persona non rappresentano più fattori divergenti. Entrambi i paesi, pur con strategie differenti, stanno avviando una nuova fase industriale in cui tecnologie come i digital twin e l’analisi preemptive consentono di ottimizzare i processi, rendendo il lavoro più sicuro e valorizzando la componente umana. In Italia, l’evoluzione poggia su incentivi pubblici (PNRR e Transizione 5.0), normative europee vincolanti e un orientamento governativo che integra digitalizzazione ed ecologia. In India, invece, emerge un impulso marcato da parte delle grandi conglomerate private, sostenute da programmi come Make in India e Production-Linked Incentive (PLI), dove l’obiettivo è coniugare rapidamente crescita economica, resilienza e responsabilità ambientale.


In questo scenario, adottare la prospettiva Industry 5.0 non vuol dire abbandonare quanto costruito con l’Industria 4.0, ma arricchirlo con una visione più ampia che includa competenze evolute e una cultura dell’innovazione inclusiva. Nel contesto italiano, la partecipazione dello Stato assicura standard rigorosi e credito d’imposta aggiuntivo per le aziende che investono in macchinari e processi a minore impatto ambientale. In India, la spinta è resa possibile da politiche federali che sostengono la modernizzazione del comparto manifatturiero, mentre le imprese integrano pratiche digitali e programmi di upskilling per adattare lavoratori e tecnici alle nuove tecnologie. In entrambi i casi, la formazione continua e il miglioramento delle condizioni operative offrono un beneficio ulteriore: la possibilità di sviluppare maggiore creatività, accelerare la ricerca di soluzioni circolari e attrarre nuove competenze tecniche.


Il quadro che si delinea è dunque favorevole a una visione industriale condivisa, in cui l’integrazione uomo-macchina non si limita a ridurre costi o aumentare volumi, ma costituisce la leva per costruire un’industria più umana, dinamica e responsabile. In Italia, la disponibilità di fondi pubblici e di strumenti normativi spinge le aziende a sperimentare con robotica collaborativa, intelligenza artificiale e riduzione dei consumi energetici. In India, l’ampiezza dei progetti e la rapidità di implementazione mostrano come grandi gruppi e piccole imprese vedano nella sinergia fra persone e tecnologie un’occasione concreta di crescita. In entrambi i paesi, la sostenibilità ambientale si traduce in investimenti per la generazione di energia rinnovabile e l’ottimizzazione dei processi produttivi, con riscontri positivi sia in termini di reputazione sia di ritorno economico.


Per imprenditori e dirigenti, questa convergenza apre prospettive interessanti. Le esperienze italiane, forti del sostegno istituzionale, potrebbero incontrare l’agilità e la scala dell’industria indiana, creando spazi di collaborazione e di scambio reciproco. Il passaggio verso l’Industry 5.0 non è necessariamente più costoso di altre soluzioni già esistenti: può offrire maggiori garanzie di adattabilità nel lungo termine, con vantaggi misurabili in termini di coinvolgimento della forza lavoro, riduzione degli sprechi e reputazione aziendale. Le sfide restano, soprattutto in tema di cybersecurity, formazione tecnica e unificazione dei dati ESG. Tuttavia, i passi compiuti finora suggeriscono che la scelta di intraprendere percorsi mirati a rendere i sistemi produttivi più avanzati e responsabili rappresenti un’opportunità per rinnovare modelli di business e salvaguardare la competitività in un mercato sempre più attento a crescita e impatto sociale.


Tabella riassuntiva: confronto tra Italia e India nell’ambito Industry 5.0

Indicatore

Italia

India

Adozione di programmi Industry 5.0

Non esiste un dato aggregato percentuale per tutte le imprese; le iniziative si concentrano su Transizione 5.0 e PNRR

Il 93% dei produttori manifatturieri dichiara di aver avviato progetti in chiave Industry 5.0 (fonte: PwC fine 2024)

Investimenti pubblici principali

Circa 6,3 miliardi di euro (fino a 12,7 miliardi, includendo fondi residui 4.0) dedicati alla spinta green-digitale

Incentivi su più fronti (Make in India, PLI), con 17.500 crore di rupie (circa 2 miliardi di euro) destinati al Green Hydrogen Mission

Stima incremento ricavi da Industry 5.0

Non indicato a livello nazionale con un dato unico, ma diverse aziende puntano a migliorare redditività e competitività

In media +6,4% di ricavi in 1-2 anni per imprese che adottano tecnologie umanocentriche e sostenibili (fonte: PwC)

Spesa in formazione/upskilling

Credito Formazione 4.0 e piani di aggiornamento interni per sostenere la riqualificazione dei lavoratori

52% dei dirigenti destina budget specifico alla formazione continua e a una cultura di lifelong learning (fonte: PwC)

Obiettivi di riduzione emissioni

Vincolati da normative UE (Fit for 55: -55% emissioni al 2030) e incentivi PNRR

Net zero entro il 2070; molte grandi imprese puntano a traguardi anticipati e investono in rinnovabili e AI

Peso iniziative pubbliche vs private

Forte intervento statale e risorse UE, specialmente per PMI (credito d’imposta, bandi, fondi strutturali)

Prevalenza di investimenti privati, con il governo che agisce da facilitatore (Make in India, semplificazioni e PLI)

Settori guida

Automotive, macchinari, chimica, farmaceutico, tessile-moda

Automotive, chimica/farmaceutica, elettronica, tessile, agro-manifatturiero

Prospettive di evoluzione

Transizione graduale e strutturata: incentivi statali e normative spingono all’adozione capillare

Crescita molto rapida: progetti di ampio respiro, trainati da conglomerate e da un mercato interno in forte espansione



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