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Immagine del redattoreAndrea Viliotti

Comprendere l’evoluzione dei Large Language Model tra complessità, funzioni avanzate e prospettive multimodali

La ricerca “Survey of different Large Language Model Architectures: Trends, Benchmarks, and Challenges”, condotta da Minghao Shao, Abdul Basit e Ramesh Karri presso la New York University e la New York University Abu Dhabi, analizza le architetture dei Large Language Model (LLM) e le loro declinazioni multimodali, mettendo in luce l’evoluzione da semplici modelli di comprensione testuale a sistemi in grado di gestire input eterogenei. Lo studio evidenzia progressi, complessità strutturali e risultati numerici, fornendo indicazioni critiche sulle tecniche attuali e sui prossimi sviluppi dei LLM.

Comprendere l’evoluzione dei Large Language Model tra complessità, funzioni avanzate e prospettive multimodali
Comprendere l’evoluzione dei Large Language Model tra complessità, funzioni avanzate e prospettive multimodali

Large Language Model, dalle basi architetturali alle prime sperimentazioni

La fase iniziale dell’elaborazione del linguaggio naturale su computer era dominata da modelli capaci di cogliere solo una parte limitata della complessità testuale. Prima dell’avvento dei Large Language Model, i sistemi di NLP sfruttavano approcci basati su catene di Markov, modelli bag-of-words o reti neurali ricorrenti (RNN, LSTM), tutti accomunati da limitazioni intrinseche nel mantenere a lungo il contesto. Queste soluzioni, pur avendo segnato un primo passo importante, risultavano poco flessibili quando si trattava di interpretare testi articolati, ipertestuali e ricchi di riferimenti incrociati. La loro capacità di generare risposte coerenti su larga scala era modesta e l’efficacia della comprensione del contesto andava scemando su sequenze testuali più lunghe.


Il salto di qualità arrivò nel 2017 con la pubblicazione del modello Transformer. L’introduzione del meccanismo di attenzione (attention mechanism) ruppe il vincolo sequenziale delle reti ricorrenti: invece di processare una parola dopo l’altra, il Transformer era capace di analizzare contemporaneamente tutte le parole di una frase, individuando quali termini fossero più importanti per interpretare ogni singolo token. Questo permise di superare l’ostacolo della distanza a lungo raggio nei testi: una parola collocata a inizio sequenza poteva essere relazionata con un termine molto più avanti, senza dover passare per un lento e progressivo aggiornamento di uno stato interno, come avveniva nelle RNN. La parallelizzazione dell’attenzione, unita a tecniche di addestramento su larga scala, facilitò poi l’aumento esponenziale delle dimensioni dei modelli.


I primi Large Language Model che seguirono — come BERT e GPT nelle loro versioni iniziali — adottarono l’architettura Transformer e dimostrarono come aggiungere nuovi strati neurali e aumentare il numero di parametri poteva portare a miglioramenti significativi su diversi task di NLP. Traduzioni più accurate, riassunti più coerenti, risposte a domande sempre più precise e una comprensione del contesto più robusta si materializzarono grazie all’uso di milioni, poi miliardi di parametri. I LLM arrivarono a inglobare conoscenze distribuite nel testo di intere enciclopedie, libri, pagine web e documenti tecnici.


Va sottolineato che questa transizione non fu priva di ostacoli. L’addestramento di modelli con miliardi di parametri richiedeva risorse informatiche imponenti: GPU altamente performanti, cluster di calcolo distribuito, tecniche di parallelizzazione come data parallelism e pipeline parallelism, oltre a strategie di ottimizzazione su misura. I costi computazionali e l’investimento in ricerca e sviluppo divennero notevoli. Inoltre, man mano che i modelli crescevano, aumentarono le preoccupazioni per l’accesso a dataset adeguati, la qualità dei dati, i bias e la capacità di valutare le prestazioni su standard di riferimento attendibili.


Nonostante questi costi e complessità, il passaggio alle architetture Transformer fu una svolta: da una parte rese possibili l’elaborazione di contesti testuali molto più lunghi; dall’altra, rese i modelli più adattabili a domini differenti, dal testo letterario a quello tecnico, dalle lingue naturali ai linguaggi di programmazione. La capacità di comprendere la struttura semantica del testo non era più un limite teorico insormontabile. In questa fase storica, la ricerca nell’NLP subì una spinta drastica: la nascita degli LLM sancì il salto da semplici reti neurali pensate per compiti specifici a modelli di base estremamente versatili, in grado di affrontare una vasta gamma di task linguistici con un semplice fine-tuning o con opportune tecniche di prompt engineering.


Parametri, dati e dimensioni sempre crescenti

La rapida crescita nel numero di parametri contenuti in un Large Language Model ha implicazioni profonde su capacità, prestazioni e complessità operativa. Nei primi anni dello sviluppo delle reti neurali applicate al linguaggio, si passava da pochi milioni di parametri a qualche centinaio di milioni, già considerati allora risultati ambiziosi. Oggi, la soglia si è spostata su modelli che vantano decine, centinaia di miliardi e, in alcuni casi, si ipotizzano persino trilioni di parametri. Questa escalation quantitativa non è solo un fatto ingegneristico, ma incide direttamente sulla qualità e varietà delle competenze linguistiche acquisite. Un modello così vasto può catturare sottigliezze semantiche, strutture narrative e perfino stili e idioletti, attingendo al sapere distribuito su sterminate collezioni di testi.


Tuttavia, l’aumento dei parametri comporta anche un corrispettivo innalzamento dei requisiti in termini di risorse computazionali e strategie di ottimizzazione. Addestrare un LLM di grandi dimensioni non è paragonabile a eseguire qualche epoca su una singola GPU: si tratta di orchestrare complesse pipeline di calcolo su cluster di centinaia di unità di elaborazione, sincronizzando i gradienti e gestendo una divisione efficiente del carico di lavoro. Le tradizionali tecniche di addestramento non bastano più: l’introduzione di metodi come l’activation checkpointing, che memorizza solo alcune informazioni intermedie per ridurre la memoria necessaria, o la quantizzazione, che converte i pesi del modello da formati a 32 bit in rappresentazioni più compatte (ad esempio 8 o 16 bit), mira a contenere i costi computazionali e rendere possibile la convergenza di modelli imponenti.


Parallelamente, la disponibilità di dataset su scala massiva ha avuto un ruolo cruciale. Durante l’addestramento si attinge a corpora composti da miliardi di token, provenienti da fonti eterogenee: libri, articoli scientifici, post sui social media, pagine web e archivi di codice informatico. Questa enorme varietà di materiali migliora la robustezza e la versatilità del modello, permettendogli di passare con disinvoltura da una traduzione letteraria all’analisi di un testo specialistico, dalla risposta a una domanda di cultura generale alla risoluzione di un esercizio di logica. La ricchezza semantica incorporata nel modello è tale che, con i giusti prompt, può generare contenuti coerenti in molteplici lingue, approcciando problemi complessi e dimostrando capacità deduttive di base.


Nonostante la potenza di questi giganti della linguistica computazionale, i ricercatori si confrontano con un equilibrio delicato. Ogni ulteriore incremento nei parametri comporta una crescita esponenziale nei tempi di addestramento, nei costi hardware e nei consumi energetici. Sorgono questioni sull’impatto ambientale, sulla sostenibilità economica e sulla responsabilità di chi sviluppa queste tecnologie. Per questo motivo, sono nate linee di ricerca dedicate alla compressione dei modelli, alla ricerca di architetture più efficienti o di strategie per il riuso delle rappresentazioni acquisite. Le competenze linguistiche straordinarie non bastano: un LLM deve poter essere addestrato e gestito in modo sostenibile.


Applicazioni dei Large Language Model ed esempi concreti

La capacità dei LLM di affrontare una molteplicità di scenari operativi, passando con fluidità da un dominio all’altro, sta già trasformando diversi settori industriali e professionali. L’esempio più immediato è la generazione di testo, dove un modello addestrato su una vasta gamma di fonti può comporre e-mail di lavoro formali, redigere articoli informativi, proporre titoli efficaci per contenuti di marketing o creare narrazioni originali, calibrando stile e tono in base alle preferenze dell’utente. Ma oltre alla scrittura, i campi di applicazione sono andati ben oltre la semplice redazione di contenuti.


Nell’ambito dell’assistenza clienti, un LLM opportunamente configurato può fungere da agente virtuale, in grado di sostenere una conversazione strutturata con l’utente, riconoscendo il problema e proponendo soluzioni mirate. Questa capacità, un tempo ristretta a risposte predefinite, si è estesa alla personalizzazione dell’interazione: l’assistente può comprendere la situazione specifica, fornire dettagli tecnici, ricordare l’intero contesto di una chat precedente e gestire domande sempre più complesse. Dal punto di vista imprenditoriale, questo significa ridurre i tempi di formazione del personale addetto al supporto e garantire un servizio disponibile 24/7, con una qualità delle risposte tendenzialmente costante.


Un altro caso tangibile è quello della consulenza specializzata. Immaginiamo un dirigente che necessiti di un’analisi di mercato sintetica e aggiornata. Fornendo al modello una serie di report interni e fonti esterne, l’LLM può estrarre insight chiave, riconoscere trend emergenti, confrontare strategie di diversi competitor, segnalare potenziali rischi, il tutto presentato in modo chiaro e coerente. In contesti finanziari, l’LLM può leggere bilanci, estrarre dati salienti e rispondere a domande come “Quali sono stati i principali driver di crescita negli ultimi sei mesi?” o “Come varia il margine operativo per settore?”. Non si tratta semplicemente di generare testo, ma di effettuare un bridging semantico tra dati grezzi, report specialistici e richieste precise dell’utente.


Parallelamente, nei settori della ricerca e dello sviluppo, l’LLM può servire come assistente alla progettazione di codice o alla scrittura di documentazione tecnica. Un team di ingegneri del software può ricevere suggerimenti su come ottimizzare un algoritmo, su quali librerie utilizzare per una determinata funzione o persino su come migrare una parte del codice verso un nuovo framework. Queste capacità si rivelano utili non solo per sviluppatori esperti in cerca di idee più veloci da implementare, ma anche per neofiti che desiderano imparare attraverso esempi e spiegazioni fornite dal modello stesso.


In ambito creativo, i modelli linguistici possono coadiuvare la stesura di sceneggiature, la creazione di briefing per campagne pubblicitarie, la redazione di copioni per podcast o video online. La loro abilità di comprendere il contesto permette di generare bozze già coerenti con l’argomento, lo stile desiderato e gli obiettivi di comunicazione prefissati. Questo consente ai creativi di focalizzarsi più sul concept e meno sull’esecuzione.


Non va poi sottovalutata l’integrazione con strumenti di analytics e Business Intelligence. Un LLM può fungere da “interfaccia conversazionale” verso i dati: invece di interrogare un database con query complesse, un manager può porre domande in linguaggio naturale — “Mostrami la distribuzione delle vendite per area geografica nel quarto scorso” — e ottenere risposte immediate, magari con tabelle e grafici generati al volo.


Infine, nel campo dell’istruzione e del learning aziendale, un LLM può fare da tutor virtuale, chiarendo concetti difficili, proponendo esercizi aggiuntivi, valutando la correttezza di risposte fornite dallo studente, o offrendo suggerimenti per migliorare la comprensione di un argomento. L’apprendimento diventa così interattivo, personalizzato e continuo, senza la necessità di un contatto umano costante.


Oltre il testo, i modelli multimodali

L’evoluzione verso i Multimodal Large Language Models segna un punto di svolta cruciale nella storia dell’elaborazione automatica dei contenuti. Mentre i primi LLM erano confinati alla sola componente testuale, i MLLM combinano input eterogenei — immagini, video, audio, e in prospettiva anche dati sensoriali — per offrire una comprensione integrata di una scena o di un contesto. Questa capacità non è una semplice estensione quantitativa: passa dall’interpretare sequenze di token a comprendere una narrazione più complessa e ricca, in cui parole, suoni e immagini si fondono in un tessuto semantico unificato.


Dal punto di vista tecnico, l’integrazione di diverse modalità richiede architetture specializzate. Non è sufficiente addestrare separatamente un modello visivo (come una rete CNN o un Vision Transformer) e un modello testuale (come un LLM): bisogna prevedere meccanismi di allineamento e fusione dei segnali. Alcuni approcci adoperano spazi latenti comuni, dove testo, immagini e audio vengono mappati in rappresentazioni numeriche confrontabili, per poi consentire al modello di “ragionare” sul contenuto. Altri adottano architetture a due stadi, in cui un backbone visivo o audio estrae feature semantiche, e un modulo linguistico, informato da queste feature, produce descrizioni testuali coerenti o genera risposte contestuali.


I risultati ottenuti da modelli pionieristici indicano che gli MLLM possono descrivere accuratamente scene complesse, individuando oggetti, riconoscendo azioni, estraendo contesti situazionali e formulando narrazioni sensate. Per esempio, un sistema multimodale potrebbe interpretare un video di un drone che sorvola un campo agricolo: non solo identificare la presenza di colture, edifici e strade, ma anche spiegare l’azione in corso (un’ispezione dei campi), e fornire un sommario coerente. Analogamente, potrebbe ascoltare un frammento audio contenente voci e rumori di fondo, rilevando la presenza di persone che conversano, di un veicolo in movimento o di musica, e integrare queste informazioni in una descrizione testuale che spieghi la scena in modo comprensibile.

Le applicazioni commerciali e industriali degli MLLM sono potenzialmente enormi.


Nell’e-commerce, un MLLM può analizzare immagini di prodotti, schede tecniche e recensioni vocali dei clienti, sintetizzando poi descrizioni dettagliate o suggerendo strategie di marketing mirate per i diversi segmenti di utenza. Nel campo dell’analisi di mercato, l’integrazione di immagini (come grafici e infografiche), testi (rapporti, articoli di giornale) e audio/video (interviste, conferenze) permette di individuare trend, pattern emergenti e correlazioni nascoste tra fonti informative eterogenee. In ambito creativo, un MLLM può supportare la produzione multimediale: un autore può fornirgli uno storyboard iniziale, alcune immagini di riferimento e una descrizione orale di una scena, ottenendo dal modello spunti per dialoghi, ambientazioni e dinamiche narrative coerenti.


Anche la robotica trae vantaggio da questa convergenza multimodale. Un robot, dotato di telecamere e microfoni, può trasmettere dati grezzi (immagini e suoni ambientali) a un MLLM che, interpretandoli, fornisce al robot istruzioni testuali e logiche su come procedere: ad esempio, di fronte a un ambiente parzialmente sconosciuto, il robot potrebbe ricevere suggerimenti su quale oggetto manipolare, quale direzione seguire o come reagire a un segnale acustico. Questa sinergia tra il mondo fisico e il potere di comprensione multimodale crea la base per sistemi autonomi più flessibili ed “intelligenti” nel senso colloquiale del termine.


Va infine sottolineato che siamo ancora agli albori della piena maturità dei MLLM. Le promesse sono grandi, ma le sfide tecniche e concettuali non mancano: dalla necessità di dataset multimodali bilanciati e accuratamente annotati, alla riduzione dei bias culturali e percettivi, fino alla scalabilità della potenza di calcolo necessaria per addestrare e mantenere operativi tali sistemi. Ciò nonostante, i progressi già ottenuti indicano una direzione chiara: i modelli del futuro non si limiteranno a “leggere” testi, ma percepiranno immagini, suoni, video, e potenzialmente altri segnali, diventando assistenti universali capaci di comprendere il mondo nella sua complessità sensoriale e cognitiva.

 

Sfide attuali, prospettive ed evoluzioni future

Una delle sfide maggiori nel campo degli LLM riguarda la capacità di elaborare contesti testuali sempre più ampi e complessi. Oggi, se un modello riesce a mantenere un contesto di qualche migliaio di token, in futuro si punta a gestire documenti estesi, interi libri o addirittura database di conoscenze. Per ottenere ciò non basta aumentare ciecamente le dimensioni del modello: occorrono architetture più efficienti e attenzione ad aspetti come la memoria a lungo termine, la segmentazione dinamica del testo e l’implementazione di meccanismi di indicizzazione interna, magari ispirati a strutture dati avanzate. La difficoltà sta nel rendere queste soluzioni scalabili e computazionalmente sostenibili.


Il problema della qualità dei dati resta cruciale. Se l’LLM viene alimentato con informazioni inaccurate, datate o di bassa qualità, i risultati e i consigli che fornirà saranno altrettanto poco affidabili. Da qui la necessità di una continua curatela dei dataset, con pratiche di data cleaning, deduplicazione e filtraggio avanzato per eliminare contenuti tossici, propaganda o disinformazione. Inoltre, il bias linguistico riflette inevitabilmente i pregiudizi presenti nei dati di addestramento. Allineare i modelli a princìpi etici e inclusivi richiede uno sforzo interdisciplinare: linguisti, sociologi, esperti di etica e ingegneri dell’AI devono collaborare per definire criteri e metriche capaci di misurare l’equità e la neutralità del modello, prevenendo derive discriminatorie.


Sul fronte dell’efficienza, i costi energetici e il footprint ecologico dell’addestramento di modelli giganteschi non possono essere ignorati. Tra GPU sempre più potenti, centri di calcolo energivori e necessità di eseguire multiple iterazioni di addestramento, l’impatto ambientale non è trascurabile. La ricerca di metodi di addestramento più sostenibili, il riuso di modelli già pre-addestrati, l’impiego di tecniche di pruning (rimozione selettiva dei parametri meno rilevanti) e quantizzazione (riduzione della precisione numerica dei pesi) sono alcuni degli approcci per contenere i costi senza sacrificare le prestazioni. Parallelamente, l’emergere di architetture sparse o ibride, che attivano solo alcune parti del modello in base all’input, promette di diminuire il carico computazionale.


La varietà di approcci in competizione – dal potenziamento di singoli modelli a soluzioni specializzate, dagli LLM multimodali a quelli ibridi che integrano simboli e logica – riflette uno scenario sempre più diversificato. Questa competizione non è solo tecnica, ma anche industriale: grandi aziende, startup e consorzi di ricerca si sfidano nello sviluppare modelli più potenti, più veloci e meno costosi. In tale contesto, la mancanza di standard condivisi e metriche univoche di valutazione rappresenta un ostacolo. Per confrontare prestazioni e affidabilità, servono benchmark credibili, aggiornati e riconosciuti dalla comunità scientifica e dal mondo aziendale. In questo senso, sforzi congiunti come la definizione di nuovi set di test, standard etici e protocolli di sicurezza diventano basilari.


Guardando al futuro, l’obiettivo non è più solo la pura potenza dell’LLM, ma la sua capacità di integrarsi in ecosistemi più complessi: sistemi che combinano modelli linguistici con database di conoscenze strutturate, agenti software che sfruttano l’LLM per interagire con il mondo reale, interfacce conversazionali che facilitano la fruizione dei dati a utenti non tecnici. I prossimi anni vedranno nascere LLM più elastici, in grado di adattarsi dinamicamente alle risorse disponibili e di apprendere nuovi compiti senza ricominciare da zero. Si profila un futuro in cui l’equilibrio tra potenza, efficienza, affidabilità e sostenibilità diventerà la misura vera del successo, aprendo la via a modelli linguistici pienamente integrati nelle pratiche quotidiane, in settori che spaziano dall’istruzione alla ricerca scientifica, dal business all’analisi politica, in modo etico, responsabile e duraturo.

 

Conclusioni

I risultati attuali dei Large Language Model e delle loro varianti multimodali evidenziano una fase in cui la potenza computazionale e la disponibilità di dati hanno permesso l’emergere di soluzioni dalle capacità prima inimmaginabili. Tuttavia, riflettendo sul quadro generale e confrontando quanto emerso con tecnologie già operative nel mercato, è chiaro che non si può puntare soltanto sulla scala dei parametri e sulla dimensione dei dataset. Strategie alternative, come l’uso di modelli più specializzati, formati di compressione o tecniche mirate a compiti specifici, possono risultare maggiormente sostenibili e scalabili per imprese e organizzazioni. La stabilità delle prestazioni, la capacità di adattarsi a domini specifici e la gestione di contesti ibridi saranno elementi chiave per chi intende sfruttare queste tecnologie in modo strategico, evitando i limiti di approcci troppo generici. Ciò suggerisce uno scenario in cui nuovi standard, metriche di valutazione condivise e approcci integrati divengono fondamentali, delineando un futuro in cui la potenza dei modelli si affiancherà a una visione più ragionata e sostenibile.


 

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