Il documento "2025 AI Business Predictions", realizzata da Dan Priest (PwC US Chief AI Officer), Matt Wood (PwC US and Global Commercial Technology & Innovation Officer) e Jennifer Kosar (PwC AI Assurance Leader) insieme a PwC, mette in luce come l'Intelligenza Artificiale stia diventando parte integrante delle strategie aziendali a livello globale. Il tema centrale riguarda l'adozione dell'AI nel business, l'integrazione nei servizi e nei modelli operativi, la gestione consapevole dei rischi e il potenziale impatto economico, sociale e ambientale. Lo studio descrive un panorama in cui decisioni strategiche, responsabilità nell'uso dei dati e ricerca di valore a lungo termine guideranno le imprese verso un futuro plasmato da sistemi sempre più autonomi e adattabili.
L’importanza di una strategia AI nel business solida e coerente
Il mercato mostra come una chiara visione strategica permetta di integrare l’AI nelle strutture centrali del business. Secondo il PwC’s October 2024 Pulse Survey, quasi la metà dei responsabili tecnologici ha già inserito l’AI nel cuore della strategia aziendale, mentre un terzo la utilizza nei prodotti. È un segnale di quanto la capacità di agire con coerenza, definire priorità e allocare risorse su progetti ben calibrati consenta di cogliere margini concreti nelle aree di produttività, rapidità e crescita dei ricavi. Investire in un approccio sistematico significa anche saper bilanciare interventi incrementali con iniziative più ambiziose. L’integrazione dell’AI in un primo reparto può portare miglioramenti tangibili, come un aumento tra il 20% e il 30% nella produttività, per poi replicare questi progressi su altre aree aziendali. Un responsabile d’impresa attento potrebbe iniziare dal potenziare servizi interni, come le funzioni fiscali o amministrative, capaci di generare valore aggiuntivo già nel breve termine.
Un esempio concreto: una società di servizi logistici che adotta l’AI per ottimizzare i percorsi di consegna, riducendo i tempi di arrivo della merce, accelera i processi e dispone di nuovi dati proprietari utili per aggredire altre parti del mercato. Con una strategia evoluta, l’impresa non si limita a scegliere il miglior modello linguistico o il servizio cloud più adatto. Punta piuttosto a sfruttare l'AI integrandola con dati proprietari, flussi operativi e strumenti di analisi già presenti in azienda, rendendo l’intero sistema più flessibile. L’obiettivo è costruire un portafoglio di progetti che, partendo da piccoli passi operativi, possa evolvere fino a iniziative più ambiziose. La chiave risiede nella capacità di saper collegare ogni fase del percorso all'obiettivo finale, evitando dispersioni e duplicazioni.
L’ascesa dei lavoratori digitali e l’evoluzione delle competenze interne
L’integrazione dell’AI nel tessuto lavorativo non è soltanto una questione di automazione. Emergono figure ibride come gli agenti AI, veri e propri lavoratori digitali che affiancano il personale umano in attività ripetitive, analitiche e di supporto. Se da un lato qualcuno teme contrazioni nella forza lavoro, dall’altro la realtà indica una dinamica differente. L’AI rende disponibili risorse virtuali capaci di incrementare la produttività senza ridurre la necessità della componente umana, creando così un ambiente dove la forza lavoro complessiva, tra persone e agenti, può raddoppiare nei fatti. Secondo PwC’s 2024 Workforce Radar, il 41% dei dirigenti cita il rapporto tra formazione, cultura del cambiamento e integrazione dell’AI come sfida prioritaria. L’adozione di agenti AI impone un mutamento nel modo di progettare i flussi di lavoro. Un responsabile di divisione vendite, ad esempio, potrebbe impiegare agenti AI per analizzare dati di mercato e fornire ai venditori umani una sintesi ragionata delle tendenze emergenti, riducendo il tempo speso in ricerche preliminari.
Questi assistenti virtuali non eliminano il valore della sensibilità e dell’intuizione umana, ma consentono di focalizzare gli sforzi creativi su strategie e progetti ad alto impatto. La formazione diventa un pilastro indispensabile. Dipartimenti HR e manager dovranno aggiornare i programmi di apprendimento, integrando competenze digitali nei percorsi di crescita professionale. Occorrerà anche un nuovo approccio alla gestione delle risorse, poiché i lavoratori digitali necessitano di un sistema di supervisione e metriche dedicate. L’AI può suggerire le azioni migliori, ma è l’essere umano che guida e orchestra le decisioni, preservando il controllo sugli obiettivi finali e garantendo un uso responsabile di questi nuovi attori.
Una ROI affidabile passa attraverso una Responsible AI ben strutturata
Il ritorno sugli investimenti in AI non dipende più solo dal posizionamento strategico. Senza un quadro chiaro di regole, controlli e responsabilità, il rischio è di sprecare risorse o perdere fiducia da parte di clienti, partner e autorità. Secondo il PwC’s 2024 US Responsible AI Survey, il 46% dei dirigenti ritiene che le pratiche di Responsible AI siano fondamentali per differenziare prodotti e servizi. La garanzia di un utilizzo corretto e trasparente crea un vantaggio competitivo, riducendo il pericolo di errori che danneggiano la reputazione. Per migliorare la credibilità dei modelli AI serve una validazione indipendente, gestita da team interni specializzati o da consulenti esterni. Un esempio pratico: un’azienda finanziaria che lancia servizi AI per valutare i rischi di credito può sottoporre i propri algoritmi a controlli periodici e revisioni trasparenti. Questo approccio ispira fiducia e permette di intercettare difetti potenziali prima che emergano sul mercato. Il quadro normativo, spesso ancora in evoluzione, non deve bloccare l’azione. Un’impresa lungimirante si adegua già oggi a standard rigorosi, perché sa che regole più chiare arriveranno in futuro. Non serve attendere un vincolo legislativo per rafforzare i sistemi di supervisione. Agire in anticipo significa maturare competenze interne e costruire processi scalabili capaci di adattarsi a eventuali requisiti regolatori. L’obiettivo è far sì che i controlli diventino parte integrante del percorso di sviluppo tecnologico e non un semplice ostacolo posto a valle.
L’AI come motore di valore e leva per la sostenibilità
L’adozione dell’AI non è solo un fatto tecnico, diventa una questione di approccio strategico alle risorse. La scarsità di energia e potenza di calcolo adeguate può rallentare la diffusione indiscriminata degli strumenti AI più complessi. Per questa ragione è utile puntare su un’implementazione intelligente, evitando sprechi e concentrandosi sulle aree a maggior valore. Non conta avere più soluzioni AI del concorrente, ma scegliere con cura in quali reparti investirle. Secondo il PwC’s 2024 Cloud and AI Business Survey, il 63% delle aziende ad alte prestazioni aumenta i budget per il cloud proprio per sostenere le funzionalità AI.
La disponibilità di risorse influisce anche sulla sostenibilità, poiché il consumo energetico dei modelli AI più avanzati è notevole. Qui emerge un’opportunità: scegliere fornitori e partner che adottano fonti rinnovabili e ottimizzare i processi interni con l’AI per ridurre gli sprechi energetici. La sostenibilità, grazie all’AI, diviene più tangibile. Strumenti analitici avanzati consentono di monitorare con precisione i consumi, misurare gli impatti sulle emissioni e identificare soluzioni per ridurre l’impronta ambientale. Come spiega Sammy Lakshmanan (Sustainability Principal, PwC US), non è vero che l’AI contrasta gli obiettivi di sostenibilità. Un produttore può sfruttare l’AI per analizzare i dati di consumo energetico di un impianto, riducendo i tempi di ricerca e sperimentazione per adottare misure più efficienti. L’AI aiuta a legare i dati ambientali alle scelte operative, permettendo a dirigenti e imprenditori di orientare gli investimenti verso prodotti a minor impatto, senza rinunciare a margini di profitto.
Accelerare lo sviluppo prodotto riducendo i tempi della metà
Un altro campo di applicazione è lo sviluppo di prodotti. L’AI è in grado di interpretare modelli digitali, simulazioni e dati complessi per proporre nuove configurazioni, testare progetti virtualmente e identificare soluzioni prima ancora di produrre un prototipo fisico. L’impatto sui tempi di ricerca e sviluppo è drastico, con riduzioni fino al 50% nei cicli di progettazione. Un’azienda automobilistica, ad esempio, può sfruttare l’AI per valutare in poche ore la resistenza di una scocca, anziché attendere settimane tra calcoli manuali e prototipi reali. Secondo il PwC’s 2024 Cloud and AI Business Survey, il 67% delle aziende ai vertici sfrutta già l’AI per accelerare l’innovazione di prodotti e servizi. Questo dato suggerisce che chi investe in competenze e infrastrutture tecniche per integrare i modelli AI nella progettazione vede risultati concreti in tempi rapidi. Saranno necessarie nuove professionalità capaci di tradurre le esigenze del mercato in specifiche di design comprensibili per i modelli AI, e viceversa. Non si tratta solo di creare nuovi prodotti, ma di ripensare la filiera della progettazione. L’AI non elimina il ruolo dei tecnici, ma li affianca, velocizzando la sperimentazione e ampliando la gamma di soluzioni possibili. Questo metodo ibrido, in cui l’AI propone e l’essere umano valuta e seleziona, permette di recuperare flessibilità in ogni stadio del percorso, dalla ricerca all’ingresso sul mercato.
Conclusioni
I risultati suggeriscono che l’AI non sia un semplice strumento da integrare nel panorama tecnologico già esistente, bensì una forza capace di riorientare scelte strategiche a livello di settore. Chi guida un’impresa non deve limitarsi a riprodurre approcci consolidati nella gestione dei dati o della supply chain, ma cercare un ecosistema integrato in cui l’AI interagisce con soluzioni tradizionali e crea nuove sinergie. A differenza di alcune piattaforme storiche che hanno imposto modelli di business stabili nel tempo, l’AI apre uno spazio altamente dinamico, dove la competizione si gioca sulla capacità di individuare campi di applicazione originali e di aggiornare le competenze interne.
Questo scenario mette alla prova le capacità di manager e imprenditori, costretti a superare la logica incrementale per sviluppare una visione più ampia, in grado di anticipare l’evoluzione delle normative, cogliere opportunità di sostenibilità e ottimizzare flussi di lavoro. Le tecnologie esistenti, come sistemi di analisi predittiva o metodologie di machine learning tradizionali, non scompaiono ma vengono affiancate da strumenti più versatili. Lo scarto rispetto allo stato dell’arte attuale non risiede in una singola trovata tecnologica, ma nella maturità dei nuovi ecosistemi AI capaci di integrarsi nei meccanismi decisionali. In questo contesto, l’impresa che vuole mantenere un vantaggio deve pensare oltre la semplice adozione, focalizzandosi su competenze interne, strategie di lungo periodo e una comprensione più profonda del potenziale dell’AI in ogni settore, dal manifatturiero alla finanza, dalla sanità ai prodotti di consumo, senza lasciarsi trascinare da entusiasmi superficiali. L’AI diventa così uno strumento per modellare non solo l’operatività immediata, ma anche gli assetti futuri del tessuto economico globale.
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